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Arcipelago Itaca 8

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La poesia di Claudia Ruggeri: fuoco, vetta e cadutaDi Stelvio Di Spigno1. Adolescenza di un fenomeno.Trovarsi davanti al volume Inferno minore di Claudia Ruggeri [1], vuol dire, nello specifico, affrontare una sorta diMoloch gigantesco, inafferrabile, dotato di poteri quasi sovrannaturali e per questo ancora più terribile e sconvolgente:e lo specifico di cui parlo è un tentativo di lettura critica, ancorché provvisorio e superficiale, e di quando in quandofuorviato dall’enorme massa di informazioni che occorrono per tentare di creare una mappa delle funzioni letterarie epsichiche di questa scrittura. Il libro riassuntivo che raccoglie le sue poesie giovanili insieme all’unica raccolta compiutadell’autrice, introdotto da un commosso e lucido intervento di Mario Desiati, è una sorta di monumento all’oscurità ealla grandezza di una scrittura che ha rischiato, nell’arco di circa dieci anni, di finire nell’oblio, se non fosse stato lostesso Desiati a riproporla con forza all’attenzione nazionale nel 2006 con una sezione monografica apparsa sul numero28 di “Nuovi argomenti”. Della Ruggeri si sa poco. La sua breve vita non consente, per fortuna, facili e oziosicollegamenti tra la sua produzione letteraria e momenti più o meno significativi della sua esistenza, terminatatragicamente a 29 anni nel 1996. Ma non è detto che questo sia un male. Possiamo affermare che senza la melensaaneddotica e i tentativi di ricomposizione biografica che si sviluppano incontrollatamente in questi casi, la solaattenzione sui testi non possa che giovare alla causa.Claudia Ruggeri, in quest’ottica precisa, è la sua scrittura, la sua pronuncia abnorme, la sua casualità e caducitàletteraria e forse un mistero che tale rimarrà. Tocca a noi introdurci in questo budello dalle fattezze preistoriche,cercando di uscire vivi dalla matassa di mostri che l’autrice crea appositamente per i suoi coraggiosi lettori. Non èdifficile fornire, e al limite inventare, definizioni sulla poetica della Ruggeri. Si tratta di una scrittura così peculiare ecaratterizzata, tutta sbilanciata verso l’infrazione e l’esagitazione strutturale, che le etichette coniate fino a oggi nonrisultano peregrine. Si può agevolmente parlare di una scrittura barocca, irritabile fino al parossismo, espressionista einsieme ermetica e trobadorica, se a quest’ultimo termine forniamo l’accezione più comune di trobar clus, di unpoetare consapevolmente oscuro. Si può aggiungere che, già nelle poesie giovanili raccolte in volume, si riscontraquella capacità di creazione di mitologie personalizzate, di auto-miti e auto-simboli, simboli, che sarannocostantemente riprodotti in Inferno minore (l’unica opera compiuta dell’autrice) contribuendo a formarne la cifraessenziale. Alla Ruggeri non occorrevano i miti comunemente in uso nelle fragili produzioni mitopoietiche: le servivanopiuttosto degli archetipi, delle arcaiche formalizzazioni mitologiche sulle quali formare la propria griglia di titani eoggetti numinosi in perenne e folle movimento. Come pure non si può tralasciare quella padronanza totale dellasintassi poetica, talmente radicata e padroneggiata da poterla riportare a una furia naturale, a una forza della naturacalata nella testualità.ClaudiaRuggeri[1] C.Ruggeri, Infernominore, introduz. diM. Desiati, peQuod,Ancona 2006.3

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