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Arcipelago Itaca 8

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Su Contratto a terminecoscienza di parlare di fatti epigoni, di cose che accadono fuori tempo massimo. Il metodo con cui Ariano si stacca dal suo personaggio somigliaa un’ironia seria. L’Emilio («professore precario»), il Vito («ex partigiano», che «vive col respiratore dieci ore al giorno»), l’Enrico («che la suastoria sembra uscita da un film di Almodovar») possono essere scritti e ricordati esattamente a patto del loro essere tranquillamentedimenticabili.Questo nesso di ricordabilità e smarrimento è forse il senso definitivo del “Contratto” che Ariano stipula col linguaggio. E la sua scrittura si elevanei momenti in cui si fa più evidente la somiglianza tra narrazione e fragilità del narrato: «È dura riempire ogni giorno pagine locali / quandoscende un delitto è manna dal cielo»; cioè nel momento in cui si sintetizzano all’osso i motivi stessi della scrittura, e si sorride del lutto, delricordo, della pianura, come di tutto ciò che appartiene all’intempestivo. Le due ricorrenti opzioni narrative di Contratto a termine sono inquesto senso decisamente originali: deragliamento narrativo e liste liriche di oggetti. La struttura di andamento umorale (cito da «Lei consemplice candore») procede nel sorvegliato deragliamento dall’immagine iniziale; sarà che l’alfabeto nasce da deviazioni primordiali, ma dalladelusione nella fissazione dell’oggetto scaturisce «che i tuoi pensieri stanno lì ad ascoltarsi», e spuntano «le storie che ti bevi nella calura d’unpassatempo estivo». La trama narrativa è sempre svuotata di contenuto metaforico, le parole diventano pretesto di un raccontare annalistico,gratuito e senza scopo. «Mercoledì è giorno di pulizie» è invece un caso della lista lirica di cose da fare e di oggetti da elencare: «capelli daraccogliere», «un doccia schiuma rosa cacao per ammorbidire la pelle». La parola poetica, semplicemente designandolo, astrae il serialequotidiano. Il componimento, che racconta di una partenza verso Parigi, è la cartolina imparziale di un turismo “piccolo borghese”,semplicemente annotato, certificato, verificato (per usare termini sanguinetiani) nel «non si sta poi male nella copia carbone di Parigi».Facendo un discorso di genere, si tratta di una poetica postmoderna che sorveglia uno slancio ideologico, come dimostra l’uso narrativo del“tu”, che designa nel soggetto evocato la facoltà di parola e di ricordo; è questo il caso di Trent’anni dopo, in memoria di Pasolini: «Trent’annidopo non puoi non pensare / a quel cuore scoppiato, spappolato fegato / nella cassa schiacciata, negli istanti fracassati del corsaro /all’Idroscalo di Ostia: / le parole non erano ancora profezie / solo per i ciechi / ogni giorno muore un poeta». A livello linguistico, il pastiche didialetto, pop, la mescolanza di liste liriche di oggetti e tonalità colloquiali sono il segno di un’ansiosa eterogeneità che confina con lospaesamento linguistico e sociale. Le scansioni linguistiche e ritmiche, il tentativo di lasciare la lirica per arrivare all’epica del romanzo in versi, ipersonaggi fotografati, consacrati e descritti nel tempo attraverso particolari fisici; Ariano mette in scena una narrazione novellistica, cheprocede per balzi umorali e deragliamenti; è una poesia che non narra ma evoca: in altre parole, l’impulso è quello del realismo poetico, delbisogno di partire dal “veramente vissuto” per attivare l’emotività da cui nascono i versi. Chiudo con un’osservazione sul burocratese del titolodella raccolta: Contratto a termine, in altre parole “patto” con la funzionale tristezza del mondo civile, da un lato; ma anche patto con laprecarietà della lingua, nel momento della scrittura, precario per definizione. Niente di più precario che iniziare o continuare a scrivere. Ma aben vedere, il precariato della scrittura non è un mulino contro cui lottare, né un demiurgo maligno a cui opporre parole e azioni; anzi, ilprecariato è il solo stato sociale e linguistico in cui si possono situare parole, azioni e mulini. Dopotutto, scrivere versi oggi significa ancoraconcentrarsi, gioire e immalinconirsi del tempo in una lingua moritura. Fare senso equivale ad essere dispensati dal senso: ed è questo ilcontratto che la cultura, la lingua e la poesia non possono non firmare.Gennaro Di Biase, in (http://www.argonline.it/index.php?option=com_content&view=article&id=252:luca-ariano-contratto-a-termine-edizionifarepoesia-pavia-2010&catid=6:crash-test-libri-riviste-cd-vhs-dvd&Itemid=31)LucaAriano120

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