La poesia di Claudia Ruggeri: fuoco, vetta e cadutaoscurità originaria. Nella prima delle Prosette che lo introduce, il Matto spunta e dà origine a un sabba forsennato diazioni versificatorie che asserviscono il testo all’imprevedibilità dell’epifania poetica, che è anche una visionaria ecosmica mappa dell’irrazionalità della vita del tutto. Il Matto origina la scrittura e si muove repentinamente all’internodi essa. Ma simbolizza anche la forma e la forza del movimento tellurico del mondo, l’ultimo stadio della dissoluzionedella Storia da parte di energie stranianti e intrusive. Se il mondo ha una qualche causa che ne rappresenta (senzaspiegarne il fine) l’esistenza e la durata, questa è alla mercè delle mille direzioni che il Matto può intraprendere esotterrare allo stesso tempo.La “mattità” implica un’effrazione ontologica, stimola e magnifica la magia del divenire della natura, vista come ancheazione di una «Donna» partoriente e divinante, forse referenziale della funzione stessa dell’autrice. Se il Mattodemolisce scuotendo la tavola tolemaica del pianeta, la Donna porta una «luce forsennata / e nuda» che semplifica erende talmente elementare questa fisica del moto assoluto da consegnare al lettore una richiesta inquisitiva sui residuidi pensiero razionale da spazzare via; la Donna dice, infatti: «ecco, chiediti, come il pensiero sia colpa». Il pensiero èuna zavorra e deve sottostare alle leggi della vitalità naturale, ma ha la colpa di rovinare questa ebbrezza solitaria,patrimonio delle elargizioni del Matto. L’origine dantesca della Donna, confermata anche dall’epigrafe al primo testodelle Prosette intitolate al Matto, configura l’intera sezione come una serie di “cantiche” a sé stanti, masotterraneamente legate fra loro dalla visione magica dell’esplosione intermittente della parola poetica. Se l’intensitàdelle dediche programmatiche al Matto personificano eccessivamente i testi, dopo la dedica o l’indicazione contenutanel titolo, la Ruggeri bilancia questa spericolatezza con un referente culturale forte e una citazione epigrafica. Nel primotesto il garante è Beatrice: si susseguiranno Ninive [9], Romeo di Villanova [10], Orione, Palestina, e «il logoro» [11]. Laprima lirica della serie del Matto ha un carattere indicativo e proemiale. Il componimento a seguire, dopo l’irruzione diquesta figura iconica (sempre grazie alla maiuscola che lo trasforma in mito) nel fluire delle mini-cantiche della sezione,continua con una revisione diminuita del potere della poesia che si trasforma in «carta», che si fa «tutta parlare», chesi confronta con un altro tipo di «memoria», quella dei giardini e dei castelli incantati dove si nasconde l’interlocutore,la cui vita meraviglia e accora la voce narrante [12]. La stessa calma relativa, orientata verso un possibile ascoltatorefiducioso del verbo poetico, calato in un’aura trascendente, si manifesta nell’ultimo testo della serie del Matto.Qui, come in molti luoghi del Paradiso dantesco, vi è un approccio quasi mistico del personaggio dialogante (santo opurificato) con un essere amato. Stavolta, il valore della «carta» è onnipotente e con essa il personaggio dialogantecerca di salvare l’interlocutore dalla futura sofferenza di «una tortura dentro la bara / della Figura», «una condanna allamolla / maligna», una sottrazione di identità, tra Carnevali abominevoli e costrizioni alla finzione nella «muta / buiadell’attore». Una condanna che il personaggio avverte come incombente anche per se stesso, a causa di un perpetuologoramento che affievolisce l’espiazione della scrittura nel potere della «carta»: logoramento che comincia aClaudiaRuggeri[9] Antica capitaledell’Assiria, nota sindal terzo millennioa.c.[10] Romeo diVillanova (1170c.-1250c). Connestabilee gran siniscalco diRaimondo BerengarioIV, conte di Provenza,menzionato da Dantein Par. VI, vv. 127-142e dalla Cronaca diGiovanni Villani.[11] Come giàriportato in nota nelvolume della Ruggeri,si tratta di una sortadi esca per falchi.[12] Il testo inquestione è Il MattoII (morte in allegoria)- Ninive, in C. Ruggeri,10cit., pp. 87-8.
La poesia di Claudia Ruggeri: fuoco, vetta e cadutapresentarsi come una guerra che non potrà essere vinta. Il risultato è quello di presentarsi, persino di fronte al propriooggetto da salvare, come una creatura «senz’anima», provvisoriamente aggrappata a rigenerazioni di durata semprepiù breve, preda di un’esca simile al «logoro», che inganna e facilita la cattura e «l’inverno del falco» [13]. Il Matto, inquesti testi, non è una personificazione della “follia sacra” della poesia: come auto-mito si tratta di una produzionesoggettiva, ma è anche implicato in una serie di significati culturali e para-culturali che la Ruggeri, la cui erudizionedoveva essere prodigiosa, ha estratto da fonti tutt’altro che facili da districare. La prima di queste, e forse la più ovvia, èil Matto dei Tarocchi, che prima di acquistare il loro popolare significato divinatorio, erano delle carte da gioco diorigine tardo-medievale e rinascimentale. Il Matto, nell’economia del gioco, ha lo stesso valore del Jolly delle cartefrancesi e fa parte di un gruppo di ventidue carte dal valore superiore, i Trionfi, cui si contrappongono le cinquantaseicarte tradizionali a semi italiani. Prescindendo dalle numerose valenze sapienziali, filosofiche, cabalistiche enumerologiche dei Tarocchi, il Matto è un elemento che ribalta l’esito della partita, non ha un valore fisso ma arbitrario,è frutto della fortuna e del caso, dipende solo dall’ordine di distribuzione delle carte: tutte queste caratteristiche sipossono fin troppo facilmente estendere a fasi o avvenimenti singoli dell’esistenza, come avviene in chiave divinatoria.Ma è probabile la Ruggeri pensasse al Matto dei Tarocchi solo in chiave iconografica, per il fascino che questa figurapromana in quanto emblema del rischio, della fortuna e della sorte.Spostandoci nei territori del Moderno, il Matto è il simbolo negativo dell’insensatezza e della malattia mentale: il folle,l’alienato, lo psicotico, sono per antonomasia gli esseri più pericolosi, vanno esclusi e segregati, vannocurati e normalizzati. La loro presenza mette in scacco sia le scienze positive, depositarie dei saperi tecnici secolarizzatie nemiche di quelli occulti e religiosi, sia le ordinate apparenze di decoro, virtuosità e rispettabilità della societàborghese. Il Matto della Ruggeri configura un’alternativa radicale a questo stato di cose. Riallacciandosi a fantasmagoriepremoderne e antiche, l’autrice restituisce a questa figura la sua regalità: il Matto ridiventa colui che attraverso ilsapere occulto e religioso prevede, dissimula e altera l’andamento del mondo, senza possibilità di compromessi con lacollettività immersa nell’età della tecnica trionfante. Il Matto conosce quanto infinitesimale e accidentale possa esserel’esito di vicende che iniziano spesso con un’azione volontaria e terminano senza possibilità di previsione né diintervento umano:questa che ora t’interroga, t’arrovescial’inizio; t’avvia a questo Inversocui un dio non corrispose; tu seil’oggetto in ritardo, infanzia persasu tutte le piste, l’incrocio rinviato; sei l’amnistiadell’idioma viaggiato; […]ClaudiaRuggeri[13] Lettera al Mattosul senso dei nostriincontri - il logoro(mode d’emploi), inC. Ruggeri, cit., pp.94-5.11