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Arcipelago Itaca 8

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La poesia di Claudia Ruggeri: fuoco, vetta e cadutapresentarsi come una guerra che non potrà essere vinta. Il risultato è quello di presentarsi, persino di fronte al propriooggetto da salvare, come una creatura «senz’anima», provvisoriamente aggrappata a rigenerazioni di durata semprepiù breve, preda di un’esca simile al «logoro», che inganna e facilita la cattura e «l’inverno del falco» [13]. Il Matto, inquesti testi, non è una personificazione della “follia sacra” della poesia: come auto-mito si tratta di una produzionesoggettiva, ma è anche implicato in una serie di significati culturali e para-culturali che la Ruggeri, la cui erudizionedoveva essere prodigiosa, ha estratto da fonti tutt’altro che facili da districare. La prima di queste, e forse la più ovvia, èil Matto dei Tarocchi, che prima di acquistare il loro popolare significato divinatorio, erano delle carte da gioco diorigine tardo-medievale e rinascimentale. Il Matto, nell’economia del gioco, ha lo stesso valore del Jolly delle cartefrancesi e fa parte di un gruppo di ventidue carte dal valore superiore, i Trionfi, cui si contrappongono le cinquantaseicarte tradizionali a semi italiani. Prescindendo dalle numerose valenze sapienziali, filosofiche, cabalistiche enumerologiche dei Tarocchi, il Matto è un elemento che ribalta l’esito della partita, non ha un valore fisso ma arbitrario,è frutto della fortuna e del caso, dipende solo dall’ordine di distribuzione delle carte: tutte queste caratteristiche sipossono fin troppo facilmente estendere a fasi o avvenimenti singoli dell’esistenza, come avviene in chiave divinatoria.Ma è probabile la Ruggeri pensasse al Matto dei Tarocchi solo in chiave iconografica, per il fascino che questa figurapromana in quanto emblema del rischio, della fortuna e della sorte.Spostandoci nei territori del Moderno, il Matto è il simbolo negativo dell’insensatezza e della malattia mentale: il folle,l’alienato, lo psicotico, sono per antonomasia gli esseri più pericolosi, vanno esclusi e segregati, vannocurati e normalizzati. La loro presenza mette in scacco sia le scienze positive, depositarie dei saperi tecnici secolarizzatie nemiche di quelli occulti e religiosi, sia le ordinate apparenze di decoro, virtuosità e rispettabilità della societàborghese. Il Matto della Ruggeri configura un’alternativa radicale a questo stato di cose. Riallacciandosi a fantasmagoriepremoderne e antiche, l’autrice restituisce a questa figura la sua regalità: il Matto ridiventa colui che attraverso ilsapere occulto e religioso prevede, dissimula e altera l’andamento del mondo, senza possibilità di compromessi con lacollettività immersa nell’età della tecnica trionfante. Il Matto conosce quanto infinitesimale e accidentale possa esserel’esito di vicende che iniziano spesso con un’azione volontaria e terminano senza possibilità di previsione né diintervento umano:questa che ora t’interroga, t’arrovescial’inizio; t’avvia a questo Inversocui un dio non corrispose; tu seil’oggetto in ritardo, infanzia persasu tutte le piste, l’incrocio rinviato; sei l’amnistiadell’idioma viaggiato; […]ClaudiaRuggeri[13] Lettera al Mattosul senso dei nostriincontri - il logoro(mode d’emploi), inC. Ruggeri, cit., pp.94-5.11

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