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Arcipelago Itaca 8

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Dal carteggio di Claudia Ruggeri con Franco FortiniMilano, 10 marzo 1990Cara Ruggeri, la rammento benissimo e la ringrazio molto del ricordo e della fiducia e dell’invio.Ho letto Inferno minore con l’imbarazzo di una ammirazione per l’intelligenza, la sottigliezza e la passione, chedeve fare i conti con un giudizio molto cauto per quanto è dell’angolo da cui lei guarda le parole e ascolta illinguaggio. Il ‘pastiche’ culturale, prima ancora che linguistico, occupa tutto lo spazio del lavoro: c’è un accumulo,dalle citazioni alle note, che attraversa i testi, una ripresa di modi e vezzi di troppe avanguardie e neoavanguardie,che fa pensare al sovraccarico di collane e gioielli e anelli che il suo buon gusto certo le impedirebbe di portare.Badi bene, nessuno meglio di me sa che la poesia è anche letteratura e artificio. E che può essere necessario, perparlare, uno spesso trucco. Però in lei, mi pare, domina un ‘sistema’ letterario così fortemente organizzato etirannico che la comunicazione metaforica e allegorica stenta a stabilirsi.Cose che lei ha ben chiare: «amo la tua continua consegna mondana…», «amo le tue cadute benché sianofinte...». Questo ‘romanzo’ psicologico non manca davvero di ritmo, di percussioni interne, di passaggi ‘forti’; mipare che, piuttosto, ci sia una tendenza a saturare ogni singola composizione con tutti gli strumenti disponibili,con èsiti di soffocazione e di autoannullamento. Mi pare di poter dire che il ‘punto’ non è di scrittura ma diesistenza. Credo intendere che cosa voglia dire essere stata così ammalata e quali tensioni quella specificaalterazione possa avere, non dirò prodotto, ma coltivato; ma ho buona memoria di quel che Giacomo ha scrittoper non procedere oltre su questa via banale. E tuttavia vorrei che lei sapesse uscire dal corridoio di specchidelizioso, terrificante e anche infame (Inferno minore, appunto) non verso una “salute” e una “salvezza” ma versouna maggiore attenzione (nel senso di ‘risparmio’, di klassische Dämpfung, di limitazione volontaria dei mezzi) alleescursioni dei livelli di linguaggio, di discorso e di esperienza, una minore fiducia nella ‘impunità’ della parolaletteraria qua talis. Non ho consigli fuor di questo: di uscire pro tempore verso la prosa più banale e convenzionaleprima di tornare al verso.Mi accorgo di non averle parlato dei versi suoi ma di quel che li precede o li segue. Una lettera non può far altro.Lei è una ‘testa forte’ e saprà valutare questa lettera quanto merita, cioè pochissimo; la mia vanità, lusingata dalsuo ricordo, ne potrà soffrire. Ma proprio di questo lei ha bisogno: di rovesciare quanti modelli porta in sé e farepiazza pulita. Io, per fortuna sua, modello non posso né voglio essere ma invece, e con molta stima e simpatia, ilsuoClaudiaRuggeri34Franco Fortini

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