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Arcipelago Itaca 8

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OPERA PRIMArsvpdiAlessandraCava35Poesia che svela la tessitura del tempo. Sull’opera prima in versi di Alessandra Cava.Di Danilo MandoliniIn alcune recenti occasioni, la poesia della giovanissima (non ancora trentenne) Alessandra Cava è stata accostata aquella di altre note poetesse italiane. Si è parlato di vicinanza tra la voce di Alessandra Cava, appunto, e quelle diMariangela Gualtieri, di Antonella Anedda e di Amelia Rosselli (intendendo quest’ultima, sia chiaro e in ogni caso, comeuno dei modelli assoluti per molti poeti delle generazioni di oggi, incluse - quindi, verosimilmente - anche le stesseGualtieri ed Anedda).Probabilmente sì. Probabilmente c’è un po’ di queste tre autrici nei testi della scrittrice marchigiana (“un po’ di” tutteben assimilato e fatto proprio e ben amalgamato in un unicum comunque nuovo e davvero consistente). Usandol’espressione “un po’ di”, però, vorrei soprattutto affermare che il fare versi di Alessandra Cava ha sicuramente, e già daquesta prima prova che viene qui presentata, i caratteri precisi dell’originalità. Non ritengo utile, ora - in virtù di quantoappena affermato - dilungarmi eccessivamente nell’analisi delle contiguità alle quali si è accennato. Mi limito soltanto ariportare alcuni e brevi riferimenti (a mo’ di indizio per successivi e più ampi approfondimenti) a ciò che è già statoasserito da alcuni critici e cioè che di Mariangela Gualtieri c’è, in Alessandra Cava, l’«accostamento rituale allacosa/parola» (Giulio Marzaioli) e quel «certo vibrante trattamento (…) del pathos» (Cecilia Bello Minciacchi); c’è lo«sporgersi del corpo vocale sui precipizi dell'esistenza, a partire da uno spazio angusto» di Antonella Anedda (StefanoGuglielmin); ci sono le «cadenze» e la «musicalità soggettiva e necessaria di Amelia Rosselli» (ancora Cecilia BelloMinciacchi).Poco fa ho detto “prima prova” di Alessandra Cava… La prima prova in questione è la raccolta di versi intitolata rsvp (cheè l’acronimo dal francese répondez, s’il vous plaît), uscita nel 2011 per i tipi dell’editrice romana Polìmata, conpostfazione della già citata Cecilia Bello Minciacchi.Va innanzitutto sottolineato che i versi di Alessandra Cava nascono e persistono in un’ambientazione che èprimariamente quella dell’interno e dove per “interno” non si deve intendere soltanto un luogo definito e chiuso dellostare umano ma - spesso, se non soprattutto - anche luogo della mente e del corpo dell’essere umano. «Nello spaziometrico di Alessandra Cava» - dice infatti, e correttamente, Niva Lorenzini (“il verri”, n. 46, giugno 2011) - «si stipanoazioni mentali, ricordi, sedimentazioni in dettaglio…» diremmo anche visioni o, come le definisce la postfatrice del libro,«schegge percettive» e «situazioni spazio-temporali» che si lasciano svelare e che sembrano osservare, al contempo,chi le incontra, chi legge. Il verso, più che lungo o allungato, appare come prolungato, come fosse il risultato dell’unionedi più misure al proprio interno; quasi come riproducesse lo sviluppo, il meccanismo dell’eco (la poetessa parla, tral’altro, di: «…eco, eco dovunque…»). Frequenti sono le reiterazioni dei termini, i versi rilanciati come in rapida e ripida

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