You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
Firenze
mostre
Fons Vitae
Al Museo Marino Marini di Firenze un’installazione per far dialogare
l’umanesimo di Leon Battista Alberti con la contemporaneità
di Timothy Verdon
Nell’occasione del convegno Rinascenza come Resurrezione:
il Santo Sepolcro di Leon Battista Alberti
nella Firenze del Quattrocento, quattro artisti di
fama internazionale – Peter Brandes, Maja Lisa Engelhardt,
Susan Kanaga e Filippo Rossi – hanno riflettuto sul mistero
di cui parla il capolavoro albertiano: la risurrezione
di Gesù e la prospettiva di una vita nuova. Il titolo della loro
installazione Fons Vitae – presentata al Museo Marino
Marini di Firenze dal 22 aprile al 6 giugno 2022 – echeggiava
San Paolo, che per primo collegò le acque del Battesimo
con la Pasqua, insegnando che i «battezzati in Cristo
Gesù» – cioè quelli che scendono nel fonte – «sono sepolti
insieme a lui (…) affinché, come Cristo fu risuscitato dai
morti (…) così anche noi possiamo camminare in una vita
nuova» (Lettera ai Romani 6, 3-4). Il sepolcro dell’Alberti
rimanda infatti al battistero fiorentino, citandone le tarsie
marmoree bianco-verdi, e questa allusione ha definito l’impianto
della mostra. La base del sepolcro quattrocentesco
tracciata sul pavimento è stata trasformata in luce da Peter
Brandes, mentre a destra e sinistra sculture di Maja Lisa Engelhardt
ne hanno evocato il miracolo. Sopra le scale, poi,
tra i fiori dipinti da Susan Kanaga, Filippo Rossi ha raffigurato
il mondo nuovo di cui si parla nell’Apocalisse, in mezzo
al quale scorre «un fiume d’acqua viva, limpida come cristallo»
e cresce «un albero di vita». Le pietre realizzate dalla
Kanaga lungo il fiume, aprendosi ed emanando luce, hanno
ricordato che quell’albero «dà frutti dodici volte all’anno,
portando frutto ogni mese» e che le sue foglie «servono a
guarire le nazioni» (Apocalisse 22, 1-2). L’impressione complessiva,
nel buio della cripta di San Pancrazio, è stata di
un sogno nato dalla Pasqua: un sogno di luce, di bellezza,
di vita. Visto dall’area corrispondente al transetto della sovrastante
chiesa, questo sogno contemporaneo ha riproposto
la visionarietà immaginata dall’Alberti, il cui sepolcro
occupava uno spazio del tutto diverso da quello della navata
di San Pancrazio, da cui era originalmente visto. Nel sogno
contemporaneo, poi, come in quello quattrocentesco,
tale alterità comunica speranza, che Alberti esprimeva con
l’architettura classica rediviva, e Brandes, Engelhardt, Kanaga
e Rossi con la luce e il movimento di un cosmo rinnovato.
In ambo i casi – oggi come nel Quattrocento – il sogno
è narrato con simboli. Ma là dove Alberti, chierico, usava
la storia, evocando “rinascenza” col ripristino del passato,
i laici Brandes, Engelhardt, Kanaga e Rossi hanno recuperato
la Bibbia, parlando di “risurrezione” mediante luce, acqua
e la natura rifiorita. Nello spirito dei profeti e dei salmi,
hanno cercato i simboli nel cosmo, facendosi interpreti del
moderno umanesimo ecologico, più universale dell’umanesimo
archeologico del Rinascimento, che pure includeva la
componente “natura”. Nella Risurrezione di Cristo di Piero
della Francesca, ad esempio – praticamente coevo al sepolcro
albertiano –, oltre al corpo statuario del Risorto e
al sarcofago classico, sullo sfondo vediamo alberi disposti
con evidente intenzione simbolica: a sinistra, dove comincia
la lettura dell’immagine, sono nudi e invernali; poi, a
destra, dove lo sguardo arriva passando per la figura del Risorto,
sono folti e primaverili. O ancora, nel Battesimo di Cristo
di Piero, accanto al corpo statuario del Salvatore cresce
un albero a ricordo della similitudine biblica dell’uomo beato
che, evitando il male, «è come albero pianto lungo corsi
d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa riesce bene» (Salmo 1, 1-3). La
In questa e nelle altre foto alcuni scorci dell’installazione
18
FONS VITAE