06.06.2022 Views

La Toscana nuova Giugno

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Il paesaggio delle Crete Senesi

e molto meglio di quanto avremmo potuto fare noi nella sua

lingua. Ci disse di essere un professore di storia dell’arte di

Heidelberg, appassionato della Toscana e dei suoi itinerari

pedestri. Ogni anno tornava a vagare da solo per le Crete

Senesi, per rinfrancarsi nel rivedere le stesse cose, ma

stavolta si era imbattuto in un fatto insolito: un tranquillo

picnic con chiasso di fanciulli nelle adiacenze di una cappella

funeraria. Questo aveva subito suscitato in lui vivide

reminiscenze dei suoi studi e dei suoi scritti, e con tutta la

discrezione possibile volle sapere se noi fossimo Etruschi,

o loro discendenti. La cosa meritava un approfondimento:

così lo facemmo accomodare insieme a noi alla nostra tavola

improvvisata, su una delle panchette. La brezza era caduta

e l’aria era calda: il mezzo bicchiere di vino bianco – che

prontamente gli avevo offerto – sparì d’incanto, seguìto a

ruota da un altro. Poi, siccome “mangiare insegna bere”, ma

anche viceversa, sparì anche il resto dei caprini, del salamino

e del pane che non gli avevo lesinato. Ai cantucci era ormai

del tutto rinfrancato, nonché in eccellenti disposizioni

di spirito. Anche il suo italiano era migliorato nel frattempo,

e con ottima proprietà di linguaggio ci spiegò la sua meraviglia

di aver trovato qualcosa che non si sarebbe mai aspettato

di vedere. Secondo lui soltanto gli Etruschi avrebbero

potuto ricreare in quel luogo una così perfetta armonia fra i

diversi aspetti della vita e della morte. Lì per lì, un poco imbarazzato

per quello strano complimento, non seppi che rispondergli:

ma oggi lo saprei e come lo penso così lo scrivo

adesso: «Caro amico, che apprezzi e conosci gli Antichi, eri

nel vero. Quand’eri giovane, là nella tua Renania, i tuoi studi

formarono il tuo spirito e i tuoi pensieri, infondendoti amore

per la terra etrusca, al punto di spingerti anche da vecchio

a vagabondare per strade bianche cercando tracce e segnacoli

che ti parlassero della sua natura e della civiltà che l’ha

plasmata. Apristi per noi il tuo zaino pieno di poveri tesori

che ci mostrasti con orgoglio: un coccio di maiolica, una

conchiglia fossile, un dente di cinghiale… Ma nel tuo zaino

ancora mancava una cosa che quel giorno – quasi incredulo

– pensasti di aver trovato proprio in mezzo a noi: cioè il

sorriso degli Etruschi. Quel sorriso, che conoscevi dalle immagini

sulle loro urne, era ancora vivo quel giorno per te, e

attraverso di noi ancora parlava al tuo intelletto ed al tuo

cuore di ciò che essi ci hanno consegnato per l’eternità: l’amore

per la vita, col suo nascere, e morire, eppoi rinascere,

insieme alle stagioni della terra e dell’Uomo. Il loro sorriso

era il sorriso di chi conosce la Vita e accetta il suo mutare

e rinnovarsi nel continuo avvicendamento dei suoi cicli. Ed

ogni Etrusco o loro discendente, oggi come tremila anni fa,

è ben consapevole del proprio ruolo nel proprio tempo. Domani

sarò un fiore, per la gioia di un’ape. O una ghianda che

sogna di diventare quercia. O un cinghiale che sogna ghiande

saporite. Oppure un cacciatore che sogna cinghiali ben

nutriti di ghiande del querceto...». Ritorno col pensiero a

quel pomeriggio: mentre noi ci apprestavamo ad intraprendere

il lungo viaggio di ritorno e il nostro estemporaneo amico

riprendeva la sua strada in direzione opposta, rammento

che all’improvviso fui vividamente conscio che laggiù in fondo

al calanco, fra i lecci, i tartufi seguitavano a crescere nel

buio e nel silenzio nelle loro culle ipogee, a tutto indifferenti

nel loro lento granire, nulla sapendo né curando del mondo

soprastante la loro buccia di terra, né del vento che agitava

la cima dei cipressi ed i bianchi capelli del vecchio nell’ultimo

saluto che da lontano ci dedicava togliendosi il cappello

con largo gesto. Fra poco sarà sera, pensai, è tempo di lasciare

la natura atemporale di questi luoghi alla sua arcana

solitudine, e i cinghialotti nelle forre alle loro notturne scorribande

in cerca di gallòzzole di cerro...

IL SORRISO DEGLI ETRUSCHI

57

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!