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Curiosità storiche
fiorentine
A cura di
Luciano e Ricciardo Artusi
L’acqua di San Giovanni
Un unguento “miracoloso” per
ingraziarsi la buona sorte
di Luciano e Ricciardo Artusi
Fra i riti della festa fiorentina per eccellenza, quella di San
Giovanni Battista patrono della città, fare abluzioni con
l’acqua di San Giovanni, cioè con la rugiada, era un’usanza
antica e molto radicata, pervenuta a noi da origini cristiane
innestate su precedenti pagane. Protagonista la “guazza” notturna
della notte tra il 23 ed il 24 giugno che, infatti, era considerata
magica: un farmaco miracoloso a difesa dell’integrità della
persona perché in possesso di virtù curative, di fortuna e d’amore.
Tale incantesimo si realizzava grazie all’incredibile energia
positiva legata al solstizio d’estate – l’inizio di questa bellissima
stagione – ottenuta anche attraverso le erbe e i fiori che raccoglievano
la vitalità dalla rugiada, ricevendone una particolare
forza, attraverso la quale venivano effettuati i riti propiziatori
e purificatori. L’usanza consisteva nel raccogliere la brina passando
dei pezzi di tela di candido lino sull’erba bagnata, per poi
spremerli in un contenitore e, con quel liquido, detto anche la “rugiada
degli dei”, lavarsi il viso al mattino, bagnare le parti doloranti
del corpo per ottenerne la guarigione, far crescere i capelli,
ringiovanire la pelle e preservarla dalle malattie. Si aveva anche
l’accortezza, dopo tale rito, di conservarne una parte in contenitori
di vetro per usarla come acqua benedetta, fino all’anno
successivo. Il momento magico per ottenere il “talismano” per
propiziare la buona sorte era, come accennato, la notte fra il 23
e il 24 giugno quando la rugiada acquistava virtù straordinarie
grazie all’inizio della nuova bella stagione: il solstizio d’estate,
il giorno più lungo dell’anno, con la natura che giunge al massimo
splendore e coincide con la natività cristiana di San Giovanni
Battista. In questa notte, detta di San Giovanni o di Mezza
Estate, nelle campagne si aveva particolare cura di raccogliere
l’Hypericum – il cui profumo somiglia a quello dell’incenso
– che, pestato in un mortaio e unito all’olio d’oliva, diveniva un
unguento efficacissimo per la cura delle ustioni. I rabdomanti
tagliavano rametti di nocciolo a forma di “Y” per farne quelle
magiche verghette con le quali riuscivano a scoprire le sorgenti
d’acqua. Le contadinelle strisciavano sull’erba bagnata dei prati
infiorati le loro parti intime nella certezza di ottenere fecondità
Luciano Artusi, a sinistra, con il figlio Ricciardo
e bellezza. In quella notte, nel territorio collinare fiorentino veniva
raccolta una varietà molto ampia di erbe officinali per preparare
medicine come, ad esempio, la camomilla da usarsi quale
blando sedativo, il tarassaco per beneficio biliare e antireumatico,
l’ortica diuretica e, per uso esterno, ottenere frizioni contro
la caduta dei capelli, la rosa canina quale antinfiammatorio e
astringente intestinale, la menta piperita e quella selvatica ottimali
per la digestione, il timo come antisettico intestinale, la melissa
quale sedativo, la malva come diuretico, la nepitella contro
i crampi di stomaco e l’erba della Madonna per risanare ogni tipo
di piaghe. L’usanza collettiva (fortunatamente da qualcuno
ancora praticata) era ed è quella di mettere prima della mezzanotte
del 23 giugno dell’acqua in una bacinella o in un qualsiasi
contenitore di vetro, ceramica o anche in una semplice scodella,
petali di fiori spontanei ed erbe aromatiche che si hanno a disposizione,
lasciandole per tutta la notte sul davanzale delle finestre,
in giardino o nelle terrazze, al fine di associarle alla rugiada
che vi si posi sopra per donare loro le proprietà magiche. Generalmente
i petali più usati quelli della malva, dei papaveri, dei
fiordalisi, delle rose, ginestre, margherite e lavanda, unitamente
con foglie di menta, basilico, salvia e ramerino. Molti fiorentini
continuano ancora questa antica usanza rituale mettendo corolle
di fiori ed erbe aromatiche, con sfoggio di profumi e di colori,
a galleggiare nell’acqua, in quella notte magica, confidando
di propiziare così la buona sorte e ottenere salute, gioia, felicità
e, perché no, fortuna e successo. Dall’anno 2021 l’Arciconfraternita
della Parte Guelfa ha riportato alla luce in modo ufficiale
questa bella tradizione recandosi in corteo, con ampia partecipazione
di consorelle e confratelli mantellati nel classico verde
antico, in piazza della Signoria dove, alla mezzanotte del 23 giugno,
il bacile di rame colmato d’acqua della fontana del Nettuno,
di petali di fiori, erbe aromatiche e salutato al grido di “Marzocco,
Marzocco, Marzocco”, viene lasciato per tutta la notte nell’attesa
che la rugiada vi si depositi sopra donandole quella mistica
forza che unisce cielo e terra tramite la potenza solare. Il bacile
resta lì per tutta la giornata seguente a disposizione di fiorentini
e turisti che vogliono ripetere il magico e tradizionale rito dell’acqua
di San Giovanni.
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L’ACQUA DI SAN GIOVANNI