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Brevi storie da
raccontare
Il sorriso degli Etruschi
di Andrea Cafaggi
Alcuni anni fa, ad ogni nuovo cambio di stagione, coltivavo
la piacevole consuetudine di recarmi a passeggiare
con la mia famigliola nelle Crete Senesi.
Il nostro itinerario preferito si snodava dal paesino di Chiusure,
in magnifica posizione sovrastante l’abbazia di Monte
Oliveto Maggiore, fino al castelletto di San Giovanni d’Asso.
Nel tragitto a piedi, fuori dal frastuono dei motori, ascoltavamo
la voce del vento nel silenzio assoluto e ci riempivamo
gli occhi di scorci stupendi e di visioni idilliache. L’asprezza
dei calanchi e delle forre si stemperava in dolcezza di colline
e di colture verso San Giovanni e Monterongriffoli. Ogni
stagione recava i suoi doni: alla fine di maggio la splendida
fioritura di rosse orchidee selvatiche al bordo dei sentieri, e
poggi ricoperti di biade che, carezzate dal vento, sembravano
un mare verdissimo e vivo; agli inizi di ottobre grappoli
d’uva nera e foglie d’oro e di rame. Questo, solo per citare
cose grate agli occhi: ma poi ce n’erano tante altre ben nascoste
sottoterra, come i famosi tartufi dell’Asso, o disperse
nell’aria, come il soave profumo delle piante di fave in
fiore che si alternava a quello dei cipressi, salendo a piedi
sulla strada bianca e dritta che dalla Lauretana porta sul
colle di Leonina. Una volta, in autunno, io e mia moglie invitammo
a questa nostra scampagnata una coppia di amici
senza prole: ad ogni modo, per dar daffare a tutt’e quattro,
bastavano e avanzavano i nostri due figli. Avevo procurato
diverse bontà per nostro pranzo al sacco: pane di campagna,
salamino di cinghiale, “coppiette” di cinta senese,
e poi noci fresche di Sorrento e mostarda di cipolle fatta in
casa per accompagnare i formaggini di capra di sei diversi
tipi e stagionature, acquistati il mattino stesso alla fattoria
Santa Margherita di Ville di Corsano. Avevo anche quattro
bottiglie di vini diversi per annaffiare il tutto (un Bianco Ver-
gine Valdichiana, un Tocai friulano, un Chianti giovane e un
Amarone della Valpolicella) più una di Vinsanto di caratello
per i cantuccini di Prato. Il luogo d’elezione per il pranzo
era la collinetta di San Marcellino, incoronata di cipressi. Al
centro della cipresseta, in splendida solitudine, si trova una
cappelletta di mattoni rossi, dove riposano beatamente gli
antichi proprietari di Monterongriffoli. Dietro la cappelletta,
vicino al calanco che si affaccia su una tartufaia, qualcuno
ha costruito un paio di rustici tavolinetti di legno con relative
panchette. Anche quel giorno quella era, come al solito,
la nostra mèta. Dalla mia capace borsa da picnic tirai fuori
due tovagliette e l’occorrente per apparecchiare, e in breve
le due tavoline furono imbandite di tutto quel bendidìo.
Ci sedemmo ed iniziammo allegramente a pranzare, come
si addice a persone semplici ma civili, e la brezza meridiana
ci portava odori di bosco e di piante resinose. Arrivati
ai cantuccini col vinsanto, i ragazzi si alzarono ed iniziarono
a giocare fra loro, facendo a nascondino e rincorrendosi
fra gli alberi e intorno alla cappelletta, con grandi risa e
strilli, mentre noi adulti facevamo il chilo ancora seduti al
rezzo. In quella, da dietro la cappelletta, comparve un viandante.
Era una persona attempata ma portava un grosso
zaino da trekking sulle spalle e pesanti scarponi impolverati.
Teneva in mano un bastone dal puntale di ferro, in capo
un cappellaccio a tesa larga dall’aria molto vissuta, da sotto
il quale uscivano folti capelli bianchi. Sul naso prominente
portava occhiali da vista con copri-lenti Polaroid. Quando
ci vide rialzò le lenti scure e potemmo vedere che aveva occhi
azzurrissimi, che formavano un piacevole contrasto con
le guance rubizze e i capelli candidi. Rispose al nostro saluto
e si avvicinò al nostro tavolinetto. Parlava in tedesco
ma riusciva ad esprimersi correttamente anche in italiano,
Sarcofago degli Sposi, VI secolo a. C., Museo di Villa Giulia, Roma
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IL SORRISO DEGLI ETRUSCHI