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Una telefonata impossibile
di Giuse Benignetti
Cara Lelia,
sono tre anni che te ne sei andata. Il “nostro” gruppo ti ha ricordato
recentemente nella collettiva annuale degli amici (tanti) e i
parenti hanno ammirato anche una tua bellissima opera. Telefonicamente,
ho saputo che ci sarà un altro ricordo nella rivista di
Borghini e, sempre per telefono, ho deciso che anche io voglio
confermarti quanto ti volevo bene come amica, e soprattutto come
ti apprezzavo come artista. Più di 20 anni fa, esattamente
nel 2001, il suddetto Borghini mi affidò il catalogo della mostra
Omaggio all’iris al Comune di Lastra Signa e, seppur conoscendoti
da poco, volli in copertina la riproduzione della tua opera Una
città, una piazza, un’aiuola che bene interpretava che l’omaggio
all’iris, come avevo successivamente scritto, era un “pretesto” e
l’essenzialità e la modernità delle linee si imponevano nell’aiuola
seppure con il celebre scenario del palazzo fiorentino. Il rispetto
e la stima per la tua produzione non mi impedì, nello stesso anno,
di mettere ancora nella copertina del catalogo della mostra Il mare
a Castiglioncello, la tua “Luce”. I nudi, entrando nell’acqua, anche
questa volta, sono in armonia con il tema, ed evitando le già
pur suggestiva e note vedute marine, hanno umanizzato una forza
naturale. La mia improbabile lettura termina qui. Confido che
altri siano stati più brevi di me o più lunghi, se è concesso.
Con affetto, la tua vecchia amica Giuse.
Di Lelia Secci ricordo con ammirazione la pittura di luce, piena
di atmosfere, dettate dall'uso sapiente dei pastelli, sia nei
ritratti, sia nei fiori che si sfaldavano contro architetture fiorentine.
In modo particolare i fiori di iris che le piacevano, sia
per forma che per colore. Come donna devo sottolineare la
sua generosità, le sue buonissime torte che offriva a tutti in
molte occasioni, la sua disponibilità a collaborare e la partecipazione
attiva alle cene in piazza autogestite.
(Antonietta Borgioli)
Non ho avuto modo di conoscerla bene. Aveva molta classe, dei lineamenti
delicati e la particolarità di vivere in un mondo tutto suo.
Ha aderito alla mostra da me proposta Castelli in Arte ma come,
commentato all’inaugurazione dal vicepresidente Giovanni Giusti,
«non ha potuto portare a termine il proprio lavoro per impegni inderogabili
con il Cielo». Ha lasciato un disegno incompiuto, ben nitido,
in matita, del Castello di Torregalli dove abita tuttora la figlia.
Lo avrebbe dipinto, all'ultimo tuffo, regalandoci un bellissimo quadro
ad olio. Il castello è visto nella sua angolazione più suggestiva,
si trova ai piedi della zona collinare tra l’Arno ed il fiume Greve ed
è visitabile, mi sembra, in giorni prestabiliti. Il suo lavoro, sebbene
non ultimato, è stato esposto alla mostra, in primo piano tra tutte
le nostre opere, perché si potesse tenerla stretta e prolungare ancora
la sua presenza ed il suo ricordo. A questo proposito, Lelia sa
che non la dimenticheremo mai.
(Anna Maria Calamandrei)
Ricordo il suo sorriso velato, il suo essere sola in mezzo alla
moltitudine, la “distanza” che trasmetteva con opere apparentemente
non finite, come appena accennate, eppure
straordinarie per rara sensibilità e per capacità disegnative
d’altri tempi. Ricordo il suo amore per la figura femminile,
per i paesaggi fiorentini, per i gatti, per i fiori, spesso
in primo piano. Con lei è sparita una “signora dell’arte” che
meriterebbe una collocazione museale adeguata come voce
elegante, raffinata e nobile del nostro tempo.
(Carlo Maltese)
Vorrei raccontare solo un breve primo incontro con Lelia, ma
che è rimasto impresso per l’atmosfera del momento, per me
emozionante, nel quale si affaccia nel ricordo, la sua figura
così pacata e gentile. E per questo devo andare indietro
nel tempo, fino all’anno 2008, nel giorno in cui, assieme ad
una cara amica pittrice, entrai per la prima volta nella vecchia
sede dell’Antica Compagnia del Paiolo, la Saletta Bocuzzi
di piazza della Signoria, per presentarmi all’associazione.