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Occhio
critico
A cura di
Daniela Pronestì
Anne Irene Holthe
La forma del tempo che ritorna
di Daniela Pronestì
Dipingere portando fuori ciò che si ha dentro: ricordi,
sensazioni, lampi improvvisi. E in questa emersione di
immagini dal profondo, essere allo stesso tempo attori
e spettatori di un processo che l’artista riesce soltanto in
parte a controllare. Le opere della pittrice norvegese Anne Irene
Holthe nascono seguendo questo percorso, che trasferisce
sul supporto un insieme di pensieri consapevoli e di elementi
inconsci. A questo si aggiunge la scelta, ma potremmo dire forse
anche la necessità, di rappresentare quasi sempre lo stesso
soggetto, con un meccanismo iterativo simile a quello che nei
sogni ricorrenti è utile per far venire a galla qualcosa di nascosto.
Vasi, brocche, anfore, oggetti che se da un lato servono a
contenere una pianta o un liquido, dall’altro lato fissano un limite
al contenuto, lo chiudono al loro interno, stabilendo quindi un
confine tra il dentro e il fuori, tra ciò che si mostra allo sguardo
e ciò che invece rimane nascosto. Queste forme altro non sono
quindi che simboli di un’interiorità segreta, qualcosa di profondo
e prezioso, la cui presenza nell’opera si può soltanto intuire,
senza potervi tuttavia accedere. Contenitori di memorie, sogni,
attimi di vita che restano al di là del limite, celati nella cavità di
un’anfora dal gusto antico, dove lo sguardo non può raggiungerli
né violarne la segretezza. Ma è proprio la presenza di un
limite a rendere evidente ciò che altrimenti resterebbe sepolto
nella coscienza: non è dato sapere cosa si nasconda dentro
questi contenitori, ma il loro essere lì, al centro della rappresentazione,
è già indizio di qualcosa al loro interno che attende di
essere svelato. Anche altri elementi della composizione – scorci
di tavoli o di pareti, bande laterali – concorrono a rafforzare
l’idea di un confine che non può essere attraversato, suggerendo
allo stesso tempo la sensazione che la scena si svolga in
una stanza, in condizioni di luce non ben definite. Non si tratta
di un luogo reale ma di uno spazio interiore, al cui interno l’arti-
Daydreaming, acrilico su legno, cm 37x38
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ANNE IRENE HOLTHE