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RICOSTRUIAMO L'AUGUSTEO szi Roma chi dice « Augusteo» intende ancora dire « Auditorium», tanto connesse sono le due parole per le memorie sempre vive delle famose stagioni musicali. Così popolare era divenuta questa istituzione, da potersi definire una delle tradizioni più care della nostra cittadinanza. Nè la nostalgia della grandiosa rotonda è stata mai offuscata dai ricordi degli indecorosi accessi, tra cento casupole ridotte nel più miserevole stato, dall'angustia dei vicoli e degli atri, della tortuosità delle squallide scale, del pericolo perpetuo di un incendio. Bisogna proprio dire che una veramente benevola Provvi- denza abbia sorvegliato perchè non sopraggiungessero accidenti nè panici, chè in tali casi ben pochi cittadini si sarebbero potuti salvare. Ma poi le misere casupole furono abbattute, si fece il vuoto intorno, ed emerse il monumento nudo, con il suo triplice anello, nel centro e nel fondo del quale si rinvennero gli ambienti che una volta racchiu- devano i resti mortali di Cesare Augusto e dei componenti la famiglia « Giulia ». Vi fu allora chi propose di mantenere alla mole liberata la sua destinazione a sala da concerti. Anche la Mole Adriana - si disse - ha trovato attraverso i secoli un suo nuovo compito, che non solo non 12 affievolisce l'importanza dell'antico Mausoleo, ma 'anzi lo esalta e lo vivifica con nuovi fasti e nuove bellezze. Anche il Pantheon - si disse ancora - e il « Tepidarium» delle Terme di Diocleziano hanno conservato tutta la suggestione romana, anche se convertiti in tempi cristiani: è proprio questo anzi il grande fascino di Roma, questo persistere, attraverso tutte le trasformazioni impresse dai mille tra- volgimenti, della vita dei suoi maggiori e più significativi monu- menti. Ma la proposta non .ebbe fortuna. Questa è la tomba del più grande uomo che sia comparso nel mondo - fu risposto - e tomba deve rimanere: nè valse l'insistenza, nè la considerazione che la tomba sarebbe rimasta intatta, mentre al di sopra di essa si sarebbe educato il popolo al culto dell'arte, prodigandogli la conoscenza delle .divine creazioni di Monteverdi, di Bach e di Beethoven. Così oggi l'Augusteo, semirifatto, non è nè un edificio nè un rudero: una enor- me mole, muta, scura, umida, inutile, povera, che nemmeno riesce - perchè non una pietra, non un pezzo di ornato, non un frammento di colonna o di capitello sono rimasti a testimoniarne la bel- lezza - a parlarci della sua origine imperiale. Fu allora pensato a costruirvi intorno una piazza, che oltre ad inquadrare il Monumento, doveva avere anche la funzione urbanistica di costituire un centro di collegamento fra la Via Vittoria, da allar- garsi secondo il piano regolatore, e il Ponte Cavour, il collegamento cioè tra i quartieri alti e i transtiberini. L'architetto Ballio-Morpurgo, che ebbe l'incarico di progettare questa sistemazione, comprese subito che gli edifici prospicienti sulla nuova piazza avrebbero dovuto assumere una destinazione pubblica, di alto interesse cittadino, edifici adeguati alla maestà del luogo; e ~ [ l I o H £ o IO", 81:;1D111:=:::::.J. S
propose che nel settore Nord, spingendo le espropriazioni fino a via Canova, si costruisse il nuovo « Auditorium», al quale poteva rimanere il nome di Augusteo, e la Sala della Filarmonica, la vecchia e gloriosa istituzione romana, per la musica da camera; e che nel settore Est, verso il Corso, si costruisse il nuovo Teatro Comunale di prosa, in sostituzione del vecchio Argentina. L'architettura sarebbe stata consona con queste solenni .destinazioni, e la piazza avrebbe assunto un aspetto e una funzione adeguate. Ma è stato sempre un triste destino di molte città, e specialmente di Roma, questo di non tener conto di uno dei più importanti postu- Iati dell'urbanistica, qual'è quello di far corrispondere la funzione e quindi il tono degli edifici all'ambiente che li ospita. Errore grave, questo, perpetrato regolarmente, senza eccezioni, durante il secolo XIX: quasi tutte le piazze romane sorte dopo il '70 - P.za Vittorio Emanuele, P.za dell'Indipendenza, P.za della Libertà, P.za Cola di Rienzo, P.za Mazzini, e via discorrendo - sono contornate da nor- mali case di abitazione, più o meno volgari e anonime, mentre gli edifici pubblici elevati dallo Stato, come i Ministeri, sono tutti alli- neati lungo le vie, intercalati nelle file interminabili di insignificanti casoni, dove si è trovata un'area libera o a buon mercato. Qui, nella Piazza dell' Augusteo, non si è dato retta all' Architetto, e s'è caduti nello stesso errore: s'è rinunciato a creare in questo ambiente un centro teatrale e culturale, nel cuore di Roma, e s'è pure respinta l'idea di costruirvi palazzi per grandi uffici (destinazione sulla quale voleva almeno ripiegare il BaIIio-Morpurgo). Si è preferito invece elevare ancora case di abitazione, necessa- riamente con un tono di elevatezza indispensabile al quadro urbani- stico ormai definitivamente stabilito. Soltanto la sala per la Filar- monica fu costruita, tra la Piazza e la Via della Frezza (e ciò spiega il grande muro chiuso ornato di musaici del Ferrazzi), ma ~ssa non era ancora terminata nell'ossatura muraria, che se ne abbandonò subito il proposito, e il vasto ambiente venne suddiviso in tanti piani e in tante stanzette. 14 Questa è la storia della Piazza, ed è bene che tutti la conoscano. Tramontato il grandioso progetto del centro teatrale e musicale [ . t -=== ~ I __________ PI~"TA IDNI. ~~
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