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ideale, alla malinconica via dei Barbieri, dove abitò nel 1833. So-<br />

stammo in via delle Botteghe Oscure dinanzi al cinquecentesco palazzo<br />

de' suoi giovani amici Caetani e in piazza di Pietra dinanzi a<br />

quello, cinquecentesco anch'esso, d'una sua fiamma romana, la bellissima<br />

contessa Cini. L'ul<strong>ti</strong>ma visita fu per l'ul<strong>ti</strong>ma dimora di Stendhal<br />

a Roma, in via Condot<strong>ti</strong>, dov'egli' ebbe il primo attacco apoplet<strong>ti</strong>co e<br />

ne descrisse i sintomi al suo amico fran~o-napòletano Domenico Fiore<br />

con la sua consueta precisione di analista niente affatto compromessa<br />

dalla contenuta commozione d'un saluto che poteva esser l'ul<strong>ti</strong>mo. Ma<br />

prima eravamo passa<strong>ti</strong> dal largo dell'hnptesa (ancora un indirizzo di<br />

Stendhal), e lì ricordo che Hazard, stans pede in uno, polemizzò acutamente<br />

e brillantemente non tanto con me suo interlocutore, quanto<br />

col grande stendhaliano Paul Arbelet, alla cui lettura della Vie d'Hen-<br />

ri Brulard co~trappose !a sua propria lettura: una Vie d'Henri Brulard,<br />

vale a dire, che non ci ridà l'ardore della giovinezza di Stendhal, ma<br />

ce ne offre l'immagine riflessa nello specchio deformante e idealizzante<br />

della sua nostalgia e della sua interpretazione d'uomo maturo. Finim-<br />

mo, ricordo, al Caffè Greco. Ci volle andare Hazard, persuaso di trovare<br />

anche lì l'ombra di Henri Beyle. Ed io, ben sapendo qual mito è<br />

il vecchio caffè di via Condot<strong>ti</strong> per gli stranieri che visitano Roma, non<br />

mi sen<strong>ti</strong>i il coraggio di ricordargli che Stendhal lo nomina appena e<br />

che nulla ci autorizza a considerarlo una delle sue stazioni abituali.<br />

Rividi Hazard dieci anni dopo, nell'occasione del convegno cultu-<br />

rale. franco-italiano che si tenne a Roma ai primi di giugno del 1936.<br />

Rimpiango che nell'intervallo la mia pigrizia epistolare m'abbia impedito<br />

di col<strong>ti</strong>vare una relazione, e vorrei dire un'amicizia, che sarebbe<br />

stata per me d'alto conforto e di legit<strong>ti</strong>mo vanto. Da parte di Hazard<br />

non mancarono le sollecitudini gen<strong>ti</strong>li: una delle sue pubblicazioni<br />

mandatemi in dono reca questa dedica: A P. P. Trompeo pour qu'il<br />

me donne signe de vie. Al convegno del 1936 io partecipai appena,<br />

quasi tra le quinte. La scena, per quel che spettava all'Italia, era occu-<br />

pata da personalità ufficiali alquanto ingombran<strong>ti</strong>. E non mancavano<br />

le note comiche: c'era qualcuno, per esempio, che parlava col dito<br />

teso in atto d'accusa, quasi che i dot<strong>ti</strong> e gen<strong>ti</strong>li « italianisants» ospi<strong>ti</strong><br />

di Roma fossero dei nemici cala<strong>ti</strong> dalle Alpi a contenderci le nostre<br />

glorie. Il cielo internazionale s'andava ormai abbuiando. Ricordo le<br />

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belle comunicazioni di Bédarida, di Boyer, di Neri, di Silva, di qualcun<br />

altro ancora, come le estreme manifestazioni d'una internazionale<br />

dell'intelligenza su cui pesava la plumbea cappa d'un cielo carico di<br />

minacce. E un testamento d'europeismo parve la ni<strong>ti</strong>da lezione del vec-<br />

chio Jeanroy sulla letteratura provenzale nell'intervallo fra i trova tori<br />

e Mistral. Hazard, che aveva pubblicato da poco il suo grande libro<br />

sulla crisi della coscienza europea, si dimostrò anche lui, ancora una<br />

volta, fervido assertore d'umanesimo. Mi dissero che un suo discorso,<br />

pronunziato nella pianura pon<strong>ti</strong>na dove i congressis<strong>ti</strong> erano anda<strong>ti</strong> a<br />

visitare la bonifica, affascinò e trascinò gli uditori. Ma che cosa poteva<br />

ormai, contro il des<strong>ti</strong>no che i responsabili della poli<strong>ti</strong>ca preparavano<br />

all'Europa, la povera buona volontà degli umanis<strong>ti</strong> ? Forse anche oggi<br />

essa non può molto di più, se pure non siamo trat<strong>ti</strong>, dalle no<strong>ti</strong>zie che<br />

corrono, a previsioni troppo nere. Comunque, non importa: « il faut<br />

cul<strong>ti</strong>ver notre jardin ».<br />

PIETRO PAOLO TROMPEO

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