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Storie e testimonianze dal carcere - Calomelano

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Domenico, già da alcuni anni residente in Piemonte con l’ambito<br />

posto di " operaio FIAT " .<br />

Mio padre aveva lasciato la nostra terra natia perché allora come<br />

ora il lavoro era scarsissimo e mal pagato. Aveva fatto il bracciante<br />

e prima di partire per il Piemonte lavorava nella " pietraia " (così<br />

l’ha sempre chiamata) come cavato re di pietre, mi diceva che era<br />

un lavoro massacrante.<br />

In Piemonte io fui affidato alla moglie di mio zio (non conservo un<br />

ottimo ricordo di quel periodo) e mio padre trovò lavoro in una<br />

ditta, la Viberti, che faceva tubi di cemento per condotti.<br />

Riuscì risparmiando a trovare casa e mobilio, una vecchia casa<br />

cantoniera immersa nel verde, ma con dei topi grossi come i gatti e<br />

senza energia elettrica. .<br />

Mia madre ci raggiunse nel 1961 dopo che nacque mio fratello<br />

Ruggero, così la famiglia si riunì: mio padre, mia madre, mia<br />

sorella Teresa ed il piccolo Ruggero. Finché restammo in<br />

campagna non ci furono problemi di sorta, giocare nei pioppeti,<br />

raccogliere frutti di bosco erano le mie attività preferite.<br />

Mio padre e mia madre, applicando un antico detto contadino<br />

" Tanti figli tanta ricchezza " mi diedero la gioia di vivere in una<br />

famiglia numerosa. Nel 1968 avevo 6 tra fratelli e sorelle, io,<br />

Teresa, Ruggero (i pugliesi) e Celestino Gianni Mimmo Lucia (i<br />

piemontesi), tutti più giovani di me, in casa nostra la tristezza e la<br />

noia non erano ammesse.<br />

I primi problemi di integrazione li ebbi quando iniziai le scuole,<br />

infatti parlavo pochissimo e male l’italiano. Il primo anno di scuola<br />

fu per me molto duro... e fui regolarmente bocciato. Mia madre fu<br />

chiamata in direzione e pregata di cercare di parlare l’italiano in<br />

casa. Ci provammo, ma dopo pochi minuti si tornava all’armonico<br />

e melodioso pugliese ! Andammo ad abitare in un paese vicino a<br />

Torino, nelle case diroccate nel centro storico. Lo facemmo perché

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