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Storie e testimonianze dal carcere - Calomelano

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permanenza in quella cella erano talmente confusi che non mi sono<br />

neanche accorto di avere un vicino di cella. Pensavo soltanto a<br />

come sarei sopravvissuto per sei mesi in un luogo cosi piccolo e<br />

sporco, a cosa mi sarebbe successo, a quello che sarebbe cambiato<br />

fuori dopo la mia interminabile assenza. Avevo paura di alzarmi<br />

<strong>dal</strong> letto e camminare, di affacciarmi al cancello e vedere cosa<br />

succedeva, di parlare con la guardia e affrontare l’incognito. Poi<br />

scattò il meccanismo che la sofferenza impone e le cose<br />

cominciarono a diventare familiari: presi confidenza con la<br />

televisione – l’unico interlocutore libero – con il lavandino –<br />

l’unica cosa veramente necessaria – con il corridoio che univa<br />

ventisei celle mescolando un unico, nebuloso insieme di rumori,<br />

odori, voci, pianti, risate, che ora neppure ricordo.<br />

Più difficile mi fu prendere confidenza con l’idea di vedere la<br />

faccia di Vini ogni giorno.<br />

Vini era un uomo che si comportava da donna, o usando il gergo<br />

del <strong>carcere</strong>, un frocio perso. In precedenza non avevo conosciuto<br />

dei froci, quindi, essendo i miei parametri di giudizio molto<br />

inflessibili, inizialmente il mio pregiudizio m’impediva perfino di<br />

guardare Vini.<br />

Descriverlo è veramente una impresa ardua; spesso vediamo cose,<br />

facce, gesti, scene che riusciamo a classificare verbalmente come<br />

normali, anormali, felici, infelici, patetici, cinici, e con mille altri<br />

aggettivi, ma a volte, proprio per la loro particolarità, ci è difficile<br />

anzi impossibile descriverli. Bisogna essere degli psicologi per<br />

descrivere i gesti di un uomo mentalmente morboso e Vini era<br />

veramente tale. Il suo viso riusciva a cambiare, dietro il suo<br />

comando, una quantità di mimiche ed espressioni, e curiosamente,<br />

ciò che invece non mutavano erano gli occhi: piccoli e tondi che<br />

uscivano come se volessero sfuggire <strong>dal</strong>le cavità; le due grandi<br />

occhiaie rosa che più di stanchezza indicavano benessere,<br />

mettevano in risalto le piccole orbite, esageratamente instabili.<br />

Inconfondibili erano anche le sue guance, sempre rosa, che si

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