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Storie e testimonianze dal carcere - Calomelano

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Quello che segue è il racconto di un detenuto albanese che nella<br />

sua vita ha fatto anche lo scafista, è un’esperienza che in qualche<br />

modo lo ha segnato e di cui conserva anche dei ricordi dolorosi.<br />

Ognuno di noi, quando si racconta, cerca di trascurare le proprie<br />

miserie e di dare il meglio di se, e forse anche il nostro<br />

interlocutore lo ha fatto. Noi sappiamo che gli scafisti guadagnano<br />

molto, che alcuni fanno parte di organizzazioni criminali, ma<br />

sappiamo anche che ci sono ragazzi che fanno questo mestiere,<br />

spinti <strong>dal</strong>la voglia di guadagnare un po’ di soldi, in un paese in cui<br />

non ci sono grandi possibilità di scelta. La realtà è dunque più<br />

complicata di come, spesso, la descrivono quei giornali che amano<br />

le tinte forti e parlano solo di scafisti che buttano a mare donne e<br />

bambini.<br />

Sono nato in Albania in una città vicino al mare, Valona.<br />

Agosto 1999<br />

La mia è una famiglia di operai molto numerosa, mio padre<br />

lavorava nelle cave di calce.<br />

Avere la possibilità di studiare sotto il regime comunista di Enver<br />

Hoxha non era molto facile. Gli studi erano riservati ai figli degli<br />

intellettuali o agli uomini del regime, oppure bisognava essere<br />

molto bravi per ottenere una borsa di studio, ed io lo ero.<br />

La mia casa è proprio vicino al mare, quando ero bambino i nostri<br />

giochi si svolgevano tutti lì, sulla spiaggia, ed il mare era la nostra<br />

unica fonte di divertimento.<br />

Modificando dei vecchi televisori riuscivamo a recepire il segnale<br />

italiano, anche se sotto il regime di Enver Hoxha la ricezione delle

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