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Achille Giovanni Cagna - Alpinisti ciabattoni - Calomelano

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praterie a scodelle, e guanciali di verde smalto trapuntati qua e là<br />

di zuccaje che stendevano a gambe di ragno i branchii fronzuti<br />

sull'erba.<br />

Ma quel sole arrostiva dappertutto: anche Martina si sentiva nella<br />

schiena una filtrazione di caldura scottante. E quel suo cappellino<br />

che fastidio Dio buono!<br />

Finalmente in capo alla strada, ecco un gruppo di case addossate,<br />

nere e viscide come fungaja.<br />

- Se quello non è Artò - sclamò Gaudenzio, - giuri che turni indrè!<br />

Peccato! questa volta ci erano proprio arrivati.<br />

Inoltrarono nella strada stretta, tortuosa e scura del paesello<br />

alpestre, e Gaudenzio trascinandosi sui ciottoloni lubrici del<br />

selciato, mulinava fra sè: - Eh bel gusto! anche qui pietre dure,<br />

catapecchie buje e rampicate da gatto!<br />

Martina sempre innanzi di due passi, guardava senza soggezione<br />

negli occhi della gente, e nell'interno delle case.<br />

Passarono vicino alle fontane; un bell'arco di acqua viva<br />

precipitava gorgogliando nel trogolo colmo, riboccando e<br />

travasando in cascatelle e stillicidii argentei; in terra un guazzo<br />

viscido, che fra gli interstizii dei ciottoli lucenti, rispecchiava il<br />

cielo.<br />

Gaudenzio volle bere una sorsata, ma quel mestolone di ferro<br />

irrugginito gli faceva ripugnanza, e preferì il metodo più spiccio.<br />

Mise la mano sotto la bocchetta dell'acqua, e vi accostò le labbra;<br />

ma nell'incurvarsi, la mano si piegò, e giù nella manica un torrente

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