Achille Giovanni Cagna - Alpinisti ciabattoni - Calomelano
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movimenti rapidi che mandavano ventate di freddo sotto le<br />
lenzuola.<br />
- Te fet el ventilatur? - grugnì Gaudenzio.<br />
Martina non rispose: stette queta fin che potè, ma quel dente<br />
picchiava come sopra un'incudine; accese il lume, si vestì alla lesta,<br />
e ravvolgendosi nel suo scialle, andò a rannicchiarsi e gemere sopra<br />
il sofà.<br />
Fuori, sempre pioggia e vento.<br />
Suonò la mezzanotte, un'ora, due ore, e la poveretta sempre là<br />
accoccolata, un po' su, un po' giù, gnaulando e sbuffando<br />
sospironi.<br />
Quel tic tic persistente, atroce, le pulsava in tutta la faccia, nelle<br />
orecchie, dietro la nuca, dandole spasimi intollerabili.<br />
Oh! averla lì subito una tanaglia, che gaudio, che consolazione<br />
svellere, strappare quel maledetto cavicchio!<br />
Qualche volta il dolore le dava tali morsi da mandarle le fumane<br />
alla testa, ed allora la povera signora doveva muoversi, passeggiare<br />
disperata in quella camera angusta, e trovava un po' di refrigerio<br />
appoggiando la guancia dolente contro i vetri della finestra.<br />
Gaudenzio aggomitolato nelle coltri, tutto sotto fino agli occhi, un<br />
po' sognacciava vagellando assurdità da febbrettaccia, poi di un<br />
tratto si riscuoteva sotto l'incubo di certi premiti che gli<br />
mozzavano il respiro, e così con gli occhi serrati noverava i minuti<br />
di quella notte eterna. Notte infame, tormentosa, durante la quale<br />
gli rinvenivano nel pensiero tutte le noie, le peripezie, le disdette