Achille Giovanni Cagna - Alpinisti ciabattoni - Calomelano
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Bisognava andarlo a ripescare quel maledetto cappello che costava<br />
otto lirette, e dopo di aver sparato i suoi moccoli, ridiscese con le<br />
natiche, e risalì poscia coi ginocchi.<br />
Un altro guaio adesso! Il sentiero inoltrava in uno sterpeto fitto,<br />
spinoso, aggrovigliato. Bisognava andare innanzi carponi, con la<br />
gobba arcuata nei bassi meandri della fratta. Là entro serpeggiava<br />
un freddo viscido di ombra perenne, un umidore di fungaja, e quei<br />
poveretti sudati ed ansimanti, sentivano sotto la camicia una<br />
frigidezza molestissima.<br />
Povera Martina! che aveva mai fatto a ficcarsi in quella garzaia!<br />
Ad ogni passo, i veli e le piume del suo cappellino si impigliavano<br />
nelle spine, uncinature e strappi nelle vesti e dappertutto: e<br />
Gaudenzio, che già aveva il suo da fare, doveva prestarle aiuto e<br />
districarla come poteva, per vederla di lì ad un momento di nuovo<br />
agganciata in nuove panie, come un passerino nelle tramaglie.<br />
Martina cominciava a scoraggirsi.<br />
Dove diavolo si andava a finire su quella strada da briganti?<br />
Quelle spine, quei virgulti forcellati la fustigavano<br />
maledettamente. Gaudenzio che le veniva dietro, oltre al resto, si<br />
era già preso alcune sverzate di rami sbattuti sulla faccia; ed ormai<br />
entrambi tiravano innanzi rassegnati, perchè era follia pensare a<br />
tornare indietro.<br />
Dopo una camminata così carponi per entro a quella lacca<br />
malagevole, coi panni sgualciti, la faccia barbigiata di ragnatele,<br />
trafelati, ingranchiti, e viscidi di umido e di sudore, sbucarono