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Achille Giovanni Cagna - Alpinisti ciabattoni - Calomelano

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nè l'uno nè l'altro, ponevano mente all'incantevole valletta fresca<br />

di verde e di ombre, per entro cui si aggiravano.<br />

Su quel burrato ripido si andava più presto con gli occhi che con le<br />

scarpe, e ad un certo punto il sentiero era così disfatto, che i<br />

Gibella dovettero scartarsi sull'erba.<br />

Ma quell'erbetta asciutta, rabbiosa, era lubrica, infida, e spesso or<br />

l'uno or l'altro, or tutti e due insieme, scivolavano indietro, e<br />

dovevano arrapparsi con mani ed unghie per non ruzzolare di<br />

nuovo in quell'acqua chiara.<br />

Martina con l'ombrellino a manico arroncigliato poteva aiutarsi<br />

uncinandosi sugli sterpi; ma era una pietà vederla dal basso a<br />

manovrare con mani e piedi su per l'erta, col suo cappellino<br />

elegante e fiorito, con le sue scarpette bagnate e insafardate di<br />

terriccio.<br />

Sor Gaudenzio per istinto atavico retrocedendo di alcuni gradi<br />

nella genealogia della specie, si mise senz'altro a camminare a<br />

quattro mani come un antropoide.<br />

Martina era finalmente arrivata al boschetto, anch'egli stava per<br />

aggrapparsi alle prime alberelle, quando per un passo in fallo, ebbe<br />

un tale sobbalzone che gli fece saltar via il cappello, e con un<br />

dispetto da non dirsi, vide il suo bel tegamino nuovo, rotolarsi<br />

pian piano fin nel guazzo del torrente.<br />

Non aveva l'abitudine di bestemmiare Gaudenzio, ma questa volta<br />

mandò in aria un accidenti rabbioso così, da staccare una mezza<br />

dozzina di santi.

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