Achille Giovanni Cagna - Alpinisti ciabattoni - Calomelano
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involucri, e così la sala ed il salotto rimasero a disposizione dei<br />
signori Segezzi e degli sposi.<br />
La Zina raccontava a sbalzi le vicende del viaggio alla mamma, e<br />
questa ad ogni tratto le tappava la bocca con un bacio; la Zina, a<br />
sua volta, ribaciava tutti, e senza badare alla bella figliola dell'oste,<br />
che era venuta a sbarazzare la roba, si avviticchiò di un balzo al<br />
collo del suo Errico, lo acciuffò con impeto felino nei capelli, e gli<br />
scoccò un lungo bacio dentro la bocca, mandandoglielo giù nella<br />
gola.<br />
I vecchi guardavano sgocciolando di gioia, e la Zina ritornando<br />
all'amplesso della mamma, sclamò:<br />
- Mamma, abbiamo sempre fatto così! Ed era vero. Dopo le nozze,<br />
appena fuori della chiesa, gli sposi avevano incominciato a baciarsi<br />
coram populo fino a tumefarsi le labbra.<br />
Da Milano a Ginevra, da Ginevra a Orta, in vettura, in strada<br />
ferrata, sui piroscafi, nelle chiese, sui campanili, nei pubblici<br />
passeggi, dovunque, non avevano fatto che leccarsi, sdilinquire in<br />
abbracciamenti, portando sulla piazza come in pantomima la<br />
strabocchevole tenerezza della loro luna di miele.<br />
La Zina era una figurettina sciolta, flessuosa; l'occhio mobile<br />
iniettato di striscioline sanguigne, visettino sodo, aperto,<br />
incorniciato in una inciuffatura fitta di capelli bruni, lucenti, ma<br />
nel tutt'insieme, e fin nell'andatura ancheggiante, aveva l'impronta<br />
di un temperamento focoso più accessibile alla prepotenza dei<br />
sensi, che non alle compressioni ed alle temperanze della buona