la mia vita segreta - il portale di "rodoni.ch"
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46<br />
LA MIA VITA SEGRETA<br />
coltelluccio per seguire un altro impulso; ci pensavo da tempo,<br />
a <strong>di</strong>re <strong>il</strong> vero, e ora l'avrei fatto: avrei sgusciato <strong>la</strong> <strong>mia</strong> castagna<br />
selvatica, per offrirne <strong>il</strong> cuore, dolcemente peloso, a<br />
Galuchka.<br />
Ma ancor prima che cominciassi <strong>il</strong> mio <strong>la</strong>voro, l'adorata<br />
bambina si era alzata, correndo verso <strong>la</strong> fontana per riempirvi,<br />
a sua volta, un piccolo bricco; decisi allora <strong>di</strong> avvicinarmi<br />
furtivamente al<strong>la</strong> sua panchina per posare <strong>la</strong> castagna selvatica,<br />
così com'era, sopra un foglio <strong>di</strong> giornale lì abbandonato.<br />
Ma fui nuovamente vinto dal<strong>la</strong> vergogna: misi, sì, <strong>la</strong> castagna<br />
sul<strong>la</strong> panchina, ma sotto <strong>il</strong> giornale, e subito dopo fui colto<br />
con tanta forza dal timore che <strong>la</strong> picco<strong>la</strong>, sedendosi, si ferisse<br />
con l'invisib<strong>il</strong>e riccio, che venni assalito da un tremito violento.<br />
Mia madre mi raggiunse: da tempo stava chiamandomi<br />
e, non udendo risposta, si era spaventata. Temendo che avessi<br />
preso freddo, mi avvolse in una grossa sciarpa; era palesemente<br />
atterrita. Mi prese per mano e io, tremando al punto<br />
<strong>di</strong> non poter par<strong>la</strong>re, mi <strong>la</strong>sciai condurre via, abbagliato,<br />
istupi<strong>di</strong>to, le viscere <strong>di</strong>vorate dal<strong>la</strong> <strong>di</strong>sperazione <strong>di</strong> dover <strong>la</strong>sciare<br />
quel luogo, e in quel modo.<br />
La storia del mio d<strong>il</strong>etto riccio selvatico è appena all'inizio.<br />
Ascoltate <strong>il</strong> seguito.<br />
La neve scomparve, e con lei si perse <strong>la</strong> meravigliosa trasfigurazione<br />
del<strong>la</strong> città e del paesaggio durante i miei tre giorni<br />
<strong>di</strong> eccezione: tre giorni senza scuo<strong>la</strong>, tre giorni <strong>di</strong> sogni a<br />
occhi aperti, <strong>di</strong> avventure fin qui minuziosamente descritte. Il<br />
ritorno al<strong>la</strong> soporifera monotonia del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> mi fu quasi<br />
piacevole, per <strong>il</strong> suo valore <strong>di</strong> riposo, e contemporaneamente<br />
mi ferì, iniziando <strong>la</strong> lunga, reale sofferenza che, lo presentivo,<br />
sarebbe guarita assai lentamente. E poi <strong>la</strong> per<strong>di</strong>ta del<strong>la</strong>scimmietta<br />
nana, del<strong>la</strong> pallina amatissima, mi pesava troppo.<br />
Il soffitto a volta che conchiudeva le quattro sor<strong>di</strong>de pareti<br />
del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> era chiazzato da gran<strong>di</strong> macchie <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà, i<br />
cui contorni irrego<strong>la</strong>ri costituirono, per parecchio tempo, <strong>il</strong><br />
mio solo, <strong>il</strong> mio unico conforto. Durante interminab<strong>il</strong>i e logoranti<br />
rèveries, i miei occhi seguivano le forme confuse <strong>di</strong><br />
quel caos da cui lentamente vedevo emergere apparizioni<br />
concrete, precise, dettagliate, realistiche.<br />
Da un giorno all'altro potevo, con un certo sforzo, ritrovare<br />
le figure in precedenza scoperte, e continuavo così a perfezionare<br />
<strong>il</strong> mio <strong>la</strong>voro allucinato. Se una lunga consuetu<strong>di</strong>ne<br />
mi rendeva troppo fam<strong>il</strong>iare una figura, le sue potenzialità<br />
emotive <strong>la</strong>nguivano, si spegnevano, e allora trasformavo imme<strong>di</strong>atamente<br />
l'immagine logorata in «qualcosa d'altro», e