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Sangue dal cielo - Sardegna Cultura

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lippo Tanchis sarebbe stata uguale a zero. Io per primo<br />

non l’avrei mai fatto testimoniare. Questa morte non<br />

mi ritorna…<br />

– Non faccia quello che sta pensando di fare, – mi<br />

disse all’improvviso il maresciallo Poli. – Non lo faccia,<br />

perché se andrà a parlare con Ruggero Tanchis io<br />

non potrò aiutarla. Mi spiego?<br />

Alzai le spalle. – Sono pur sempre l’avvocato di suo<br />

fratello…<br />

Per il resto era vagare nelle domande: Solinas nemici<br />

ne doveva avere parecchi, magari aveva fatto una spiata<br />

di troppo o aveva prestato soldi a qualcuno che non<br />

aveva trovato altro modo per restituire che ripagarlo<br />

con un caldo abbraccio… Perché se si faceva poco poco<br />

di escludere Filippo e Ruggero Tanchis, oltre a loro<br />

tra i sospettati per l’omicidio ci poteva stare mezza<br />

Nùoro.<br />

E poi quel Solinas a dirla tutta non era nemmeno di<br />

quei collaboratori che stanno cari alla Giustizia: poco<br />

affidabile, poco affidabile per tutti. Al banco in tribunale<br />

più di una volta aveva ritrattato, perché tra l’inchiesta<br />

e il processo si era barattato la testimonianza.<br />

Migliori offerenti avevano bussato all’uscio di casa<br />

sua…<br />

Così si trasformava la Corte d’Assise in un mercato<br />

dove le affermazioni avevano un listino prezzi. E gli individui<br />

come Solinas erano una specie di intermediari<br />

che al momento opportuno facevano pollice verso man-<br />

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dando a terra le quotazioni dell’intero procedimento.<br />

C’era da perderci il sonno…<br />

Passai quella giornata come una bestia in gabbia.<br />

Avrei dato chissà che cosa per poter uscire, riunirmi alla<br />

mia valle, succhiare il nettare di quella pace come<br />

un’ape sulla corolla. Invece no. Pioggia maledetta.<br />

Quella notte, preparandomi per andare a dormire risi<br />

di me stesso. Sapevo che nella mia personale farsa<br />

notturna, il sibilo di Elias Tanchis, che non cessava di<br />

risuonarmi nel cervello, si sarebbe preso quel poco che<br />

la pioggia aveva lasciato del mio sonno. Così a occhi<br />

sbarrati, senza le ombre che potessero aiutarmi, decisi.<br />

Decisi che non mi sarei lasciato intimorire…<br />

Ero coricato, ascoltavo la sonata di piano e fiati che<br />

passava <strong>dal</strong> moderato al presto sul tetto. Il flagello di<br />

sabbia rossa aveva intorbidato l’aria, costruito una cupola<br />

fetida, risucchiato l’aria respirabile. E in paese la<br />

gente era come uno sciame di insetti che sbattevano<br />

contro le pareti di un bicchiere rovesciato.<br />

Un lamento di corvi spaccava il tutto compatto dello<br />

scroscio e i cani ululavano come lupi. Una luna pesante<br />

e torbida andava a sbattere contro le cime dei monti.<br />

C’era un ordine, una cadenza talmente precisa, in quella<br />

ostinazione, che niente mi parve più impossibile.<br />

Ora la pioggia sembrava lenire il suo sbattere, ora la luna<br />

sembrava una gemma incernierata fra i graniti. Ora<br />

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