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Sangue dal cielo - Sardegna Cultura

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meteorologi. Una specie di estate fulminante, nel bel<br />

mezzo dell’inverno incipiente, rossa, densa e pesante<br />

come inchiostro.<br />

Risalivo da Séuna per arrivare al corso.<br />

È durante questi tragitti che scrivo. Scrivo come dico<br />

io. Spianando il cervello come un foglio immacolato su<br />

cui pensieri e immagini si tramutano in segni e misure.<br />

Una voce, che mi accompagna sempre, me li legge: è severa,<br />

non si lascia abbindolare da soluzioni comuni. Mi<br />

ripete quanto ho scritto e mi fa il verso, nel senso che mi<br />

prende in giro, quando non trovo le parole, quando un<br />

odore, un sapore, una pianta, un <strong>cielo</strong> mattutino, non si<br />

tramutano in musica d’immagini. Qualcuno potrebbe<br />

dire che si tratta della mia voce interiore. Io dico solo<br />

che c’è, e che forse si tratta dell’unica persona che non<br />

mi ha abbandonato mai. La maledizione dei poeti, che<br />

non smettono mai di scrivere. E l’ultima cosa di cui<br />

hanno bisogno è di un foglio e di una penna…<br />

Ma, quella mattina, la mia voce cumpanza non leggeva<br />

versi. Mi regalò una tregua di congetture. Congetture<br />

che a pensarci bene erano poetare esse stesse. Erano<br />

affrontare i fatti come nemici, trascinarli per i capelli<br />

<strong>dal</strong> certo all’incerto, metterli in crisi, costringerli al<br />

punto critico per saggiarne la resistenza.<br />

E intanto la strada si consumava sotto ai miei piedi, e<br />

i miei occhi vedevano senza guardare…<br />

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Suicidio, ripeteva la mia voce. Che solo a dirlo sembra<br />

definitivo. Ineluttabile. E allora bisognava affrontarlo<br />

questo suicidio. Puntare su di lui come se si trattasse<br />

del vostro peggior nemico. Non dargli tregua.<br />

La mia voce mi indicò l’insegna di Malgaroli scritta<br />

in rosso come la croce di uno scudo templare.<br />

La cartoleria di Giulio Malgaroli era una stanzetta<br />

stipata di risme bianche e quaderni. Dal bancone a cassetti<br />

promanava uno strano odore di mine e dolciumi.<br />

– Inchiostro rosso, – domandai.<br />

Il Malgaroli, continentale, era un uomo di una cinquantina<br />

d’anni sempre in camicia e parapolsi come<br />

quelli degli impiegati postali, chissà forse oltremare…<br />

– Ne abbiamo in flaconi piccoli e grandi, – disse con<br />

quella parlata a metà fra la dolcezza toscana e la durezza<br />

barbaricina.<br />

– Due flaconi grandi…<br />

Tornai a casa. Arrivai alla mia stanza senza passare<br />

<strong>dal</strong>la cucina. Raimonda era intenta a preparare papassini.<br />

Per qualche secondo pensai di lasciar perdere. –<br />

Dai Bustià approfittane, – mi dissi, – per farti un sempre<br />

caro che oggi la giornata è buona per camminare,<br />

non vedevi l’ora che smettesse di piovere, e adesso? –<br />

Una bella passeggiata a Sant’Onofrio, per riprendermi,<br />

mettere la testa a posto. Ora che la pioggia era cessata.<br />

Ma non lo feci.<br />

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