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Sangue dal cielo - Sardegna Cultura

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un’ora buona, ritornai in cucina, barbivattu e impomatato.<br />

Né disse una parola quando mi vide indossare<br />

il soprabito all’inglese sull’abito scuro, quello elegante.<br />

Niente di niente nemmeno quando afferrai il paracqua<br />

e spalancai l’uscio di casa… per uscire.<br />

Ero furioso.<br />

Il… Più grande spettacolo del mondo si teneva nell’Aula<br />

Pubblica Municipale straordinariamente addobbata<br />

per la bisogna… Proprio di fronte all’ingresso, dove<br />

due valletti, in un costume che doveva sembrare indiano,<br />

accoglievano lo scelto pubblico, c’era un goffo<br />

piano rialzato bordato di drappi rossi che doveva fungere<br />

da palcoscenico. Il fon<strong>dal</strong>e era una visione di<br />

Bombay al tramonto. Per lo meno così mi parve. Ma<br />

non ci giurerei. Molta gente che conoscevo come al solito:<br />

salutai questo e quell’altro, feci i complimenti di rito<br />

a questa e quell’altra signora, feci un cenno al mio<br />

amico Poli che si pavoneggiava con due signorine in<br />

blu, esponendo le sue lucidissime mostrine da maresciallo…<br />

Vagai come un’anima in pena, nell’ultimo posto<br />

dove avrei voluto essere: odiavo i fachiri, odiavo la<br />

pioggia e quella sera odiavo anche me stesso.<br />

Lei stava in piedi. Era bella. Si guardava attorno imbarazzata.<br />

Aspettava qualcuno. Ero deliziato <strong>dal</strong>la gof-<br />

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faggine del suo vestito che pareva malricucito sulla sua<br />

persona snella e del suo cappello di paglia, con una<br />

ghirlanda di fiori secchi.<br />

Mi avvicinai a pochi passi da lei. – È occupato? –<br />

chiesi indicando una sedia alla sua sinistra.<br />

Abbassò la testa. Fece segno di no. Mi sedetti, non<br />

prima di averla invitata a fare lo stesso. Ma lei scosse la<br />

testa, riguadagnò lo spazio centrale in mezzo alla platea<br />

e si diresse verso l’uscita.<br />

La vidi ritornare proprio quando uno dei valletti faceva<br />

tintinnare la seconda campanella.<br />

Mi rialzai, per aiutarla a sentirsi a suo agio. Ora che<br />

mi era così vicina potevo aspirare l’odore di mughetto<br />

che emanava la sua nuca. Proprio nel punto da cui si<br />

originava una massa di capelli neri come ali di corvo<br />

raccolti in una crocchia sotto al cappello.<br />

Suonò la terza campanella.<br />

– Sieda, – azzardai vedendo che la sedia alla sua destra<br />

restava vuota.<br />

Scosse la testa. – Io non la conosco, – sussurrò con<br />

più orgoglio che vergogna.<br />

Mi presentai affilando il mento e porgendo la mano<br />

senza il guanto.<br />

Lei restò a guardarmi con sconcerto. Gli occhi nella<br />

nebbia della veletta le erano diventati grandissimi per<br />

la sorpresa. – Pattusi… Clorinda, – disse d’un soffio.<br />

Da quella prospettiva il suo cappello di paglia, inghirlandato<br />

di fiori secchi, inadeguato alla serata piovosa,<br />

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