Sangue dal cielo - Sardegna Cultura
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soro del vantaggio. – Forse la stessa cosa che ha causato<br />
il suo allontanamento da Torino? Avevo scordato di<br />
dirle che anche un’altra analisi tanatologica mi è stata<br />
concessa…<br />
Riccardo Fantini capì. Perfettamente. E smise di fare<br />
resistenza. Ora pareva improvvisamente calmo, persino<br />
sorridente. Con un movimento repentino della mano<br />
afferrò la sua pistola d’ordinanza. Me la puntò contro.<br />
– Non è così che risolverà le cose. – Gli parlai come<br />
avrei parlato a Filippo se l’avessi conosciuto.<br />
Fantini mi sorrise ancora una volta. Poi, scaraventandosi<br />
contro di me, mi strattonò per guadagnare la porta<br />
d’ingresso. Lo vidi uscire con la coda dell’occhio. Lo<br />
seguii. Aveva imboccato uno scalone che portava ai<br />
piani superiori. Dopo pochi passi di corsa ansimavo<br />
già.<br />
Aveva una rampa di vantaggio su di me. Si fermò per<br />
controllare se gli stessi correndo dietro, ma non c’era<br />
quel pericolo oltre i dieci metri di corsa divento un<br />
mantice. E poi quell’inseguimento non aveva senso,<br />
anche per questo, assagadau, mi fermai. Fantini si voltò,<br />
stavo dicendo, per controllare se gli fossi ancora dietro<br />
e mi vide impegnato ad ansimare sotto di lui. Il suo volto,<br />
quello mi accompagnerà tutte le notti: era attraversato<br />
da un rictus spaventoso come quello di un gatto tenuto<br />
appeso per il collo. L’azzurro cipria alle pareti dello<br />
scalone faceva intorno a noi come una specie di <strong>cielo</strong><br />
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da presepe. Fantini mi voltò di nuovo le spalle, pensai<br />
che stesse riprendendo la sua fuga e comunque avevo<br />
già deciso di lasciarlo andare…<br />
* * *<br />
…Ma sentii lo sparo, poi vidi l’esplosione, poi un<br />
getto di sangue e materia cerebrale mi investì, feci appena<br />
in tempo a schermarmi il volto con le mani.<br />
Urlai come quella notte di molti anni prima quando<br />
ero solo un bambino. Quando avevo cinque anni.<br />
Ero di nuovo io, con tutti i miei trentadue anni,<br />
quando mi risvegliai. Questo lo capii all’istante.<br />
Il viso di Clorinda occupò tutto lo spazio davanti ai<br />
miei occhi socchiusi e a pensarci bene avevo la certezza<br />
che per tutto il tempo in cui avevo attraversato la<br />
mia vita come nella parabola dell’annegato, lei era stata<br />
lì a tenermi la mano. Tentai di dire qualcosa, ma le<br />
mie labbra, appiccicate, non riuscirono a organizzare<br />
niente. Mi dissi che, con uno sforzo, sarei riuscito a<br />
spalancare le palpebre. Lo feci nel momento preciso<br />
in cui il viso di Clorinda si stemperava nell’aria come<br />
qualcosa di talmente impalpabile che solo quel movimento<br />
impercettibile potesse farlo sparire. E infatti<br />
sparì.<br />
– Bustià… – Mia madre aveva il volto terreo di chi<br />
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