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Sangue dal cielo - Sardegna Cultura

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faceva l’effetto di una coroncina funeraria. Di quelle<br />

che le orfanelle portano alle esequie dei morti importanti.<br />

La mia faccia era sgomento puro. Altro che sconcerto.<br />

Tuttavia, con un autocontrollo che non mi conoscevo,<br />

sfiorai la punta della mano di lei nel gesto consueto<br />

di chi suggella un incontro e, facendo questo, con un<br />

dito saggiai la sericità del guanto che la avvolgeva.<br />

– Coincidenza meravigliosa! – si affrettò a constatare<br />

fingendo di aver afferrato il mio nome solo in quel momento,<br />

dopo aver tirato indietro la mano come se l’avesse<br />

posata su un piano incandescente. – Proprio stamattina<br />

ho parlato di voi con mia sorella, – concluse<br />

vedendo che il Salone cominciava a riempirsi di gente.<br />

Fu a questo punto che Clorinda ebbe un leggero moto<br />

d’imbarazzo.<br />

– Aspettate qualcuno? – domandai dando un’occhiata<br />

fugace e inquieta alla sedia vuota nel suo lato<br />

destro.<br />

Fece segno di sì. – Un’amica, – chiarì finalmente. –<br />

L’ho aspettata fino al terzo campanello… Un contrattempo,<br />

non sarà riuscita a venire. Non sapevo se entrare<br />

o meno… Se lo sapesse mia sorella che sono entrata<br />

da sola…<br />

– Sono felice che abbia deciso di entrare. – La mia<br />

voce esprimeva un entusiasmo sincero. Il primo della<br />

giornata. Il primo da qualche tempo, a dire il vero. Me-<br />

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raviglie della genetica: Clorinda Pattusi non assomigliava<br />

in nulla alla sorella: era bella esattamente nella<br />

misura esatta in cui quell’altra era brutta. “La mia piccola<br />

regina bizantina,” questo pensai guardandola. Da<br />

subito come deve accadere a un poeta: che sa. Non sa<br />

perché, ma sa. E questo bastava persino a farmi dimenticare<br />

la pioggia. – Mi consideri fin d’ora il suo cavaliere.<br />

Sono solo anch’io: salviamo le convenienze.<br />

Clorinda mi squadrò a lungo: ero alto, avevo un viso<br />

largo non privo di fascino. Perché fingere, perché essere<br />

modesti in questi frangenti? Avevo labbra carnose<br />

incorniciate da una peluria corvina la cui cura avrebbe<br />

potuto richiedere ore di applicazione, per quanto ne<br />

sapeva lei. I miei occhi erano tizzoni di un nero profondo.<br />

Le mani erano di un pallore trasparente, lunghe e<br />

affusolate. Io so che Clorinda guardandole pensò: “mani<br />

da pianista, mani da scienziato,” o, più semplicemente,<br />

“mani da avvocato”. E invece no: mani da Poeta…<br />

Fissavo il palcoscenico di fortuna con lo sguardo di<br />

lei attaccato al lato destro del viso. Decisi che non mi<br />

sarei voltato.<br />

– Il bello è che è stata lei, la mia amica, a convincermi<br />

a venire! E poi non arriva all’appuntamento… – commentò<br />

Clorinda spostandosi la veletta <strong>dal</strong>la bocca. –<br />

Non ero nemmeno sicura di volerlo vedere questo<br />

spettacolo. Sono in apprensione, dicono che sia impressionante.<br />

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