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Don Ennio Innocenti - Sindacato Libero Scrittori Italiani

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LA CROCE E LA SPADA 131<br />

Rachele. Il ricorso a fonti giornalistiche, di solito snobbate dagli storici<br />

accademici, è simpaticamente (lo noto da giornalista) frequente in<br />

don <strong>Ennio</strong>, che nell’ultima parte del libro approfondisce i rapporti che<br />

il Duce ebbe tra il luglio 1943 e piazzale Loreto con sei religiosi.<br />

Il primo è don Luigi Maria Dies, parroco di Ponza, l’isola dove<br />

Mussolini venne portato prigioniero dopo il colpo di Stato di<br />

Badoglio. I carabinieri impedirono contatti diretti, ma Mussolini<br />

mandò mille lire al parroco chiedendogli di celebrare una messa per il<br />

figlio Bruno nel secondo anniversario della morte; inoltre gli fece<br />

avere “La vita di Gesù Cristo” dell’abate Giuseppe Ricciotti, che aveva<br />

appena finito di leggere: un libro “esaltante”, scrisse nella lettera d’accompagnamento,<br />

aggiungendo in bella saldatura tra orgoglio nazionale<br />

e spirito cristiano: “Coll’opera del Ricciotti, l’Italia raggiunge,<br />

forse, un altro primato”.<br />

Il secondo è don Salvatore Capula, parroco della Maddalena,<br />

che “ha sempre mantenuto sul suo rapporto con Mussolini un riserbo<br />

assoluto”. Ma Mussolini stesso su quegli incontri ha lasciato degli<br />

appunti in “Pensieri pontini e sardi”, dove ricorda con umiltà, senza<br />

lamentarsene, come quel prete gli abbia fatto una ramanzina: “Mi permetta<br />

di parlare francamente - mi ha detto - Lei non è stato sempre<br />

grande nella fortuna: sia grande ora nella disgrazia. È da questa che il<br />

mondo la giudicherà, da quel che lei sarà a partire da ora e molto<br />

meno da quel che lei è stato fino a ieri. Dio, che vede tutto, la osserva<br />

e sono sicuro che lei non farà nulla che possa ferire i principi religiosi,<br />

cattolici, dei quali lei si ricorda, anche se dovessero prodursi nuovi<br />

colpi del destino”. Mussolini concluse: “Gliel’ho promesso”.<br />

Il 14 dicembre 1943 a villa Feltrinelli, sul lago di Garda,<br />

Mussolini incontrò Fra’Ginepro. Personaggio d’una certa notorietà -<br />

era tra i futuristi che avevano partecipato (lui come cappellano) alla<br />

guerra d’Etiopia ai quali Marinetti nel 1937 aveva dedicato “Il poema<br />

africano della Divisione 28 Ottobre”ed è anche citato un paio di volte da<br />

Angelo Del Boca ne “Gli italiani in Africa Orientale - la conquista<br />

dell’Impero” (Laterza 1979) per un libro, “L’altare da campo in Africa<br />

Orientale”, che Fra’Ginepro aveva pubblicato nel 1937 presso la SEI di<br />

Torino - glielo aveva condotto il ministro della Cultura Popolare,<br />

Fernando Mezzasoma, che sarà poi fucilato a <strong>Don</strong>go. Il Duce gli disse:<br />

“Ora mi sento religioso anche nella mia vita intima”. Il frate ne profittò<br />

proponendo di portargli l’indomani, al termine della confessione, il

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