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Don Ennio Innocenti - Sindacato Libero Scrittori Italiani

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LA CROCE E LA SPADA 133<br />

sua richiesta, più volte”. Si osserva inoltre che nei rapporti con<br />

Mussolini “P. Eusebio seppe mantenersi nei dovuti limiti di discrezione,<br />

senza mai forzare i tempi della grazia, ma approfittando sempre<br />

di tutte le opportunità offertegli per portare il suo alto interlocutore al<br />

genuino e libero confronto con Cristo e fino alla vera conformazione<br />

col Redentore”. Anche qui è non solo importante, ma addirittura insostituibile<br />

per la piena credibilità della ricerca storica su un caso così<br />

delicato, il giudizio, che laicamente definirei tecnico, professionale, di<br />

un sacerdote.<br />

Spiace che Renzo De Felice, forse condizionato da pregiudizi<br />

laici oltre che dalla diffidenza per le testimonianze orali o comunque<br />

non riscontrabili su altre carte, non l’abbia adeguatamente apprezzato.<br />

Sotto il profilo strettamente biografico, la ricerca scopre aspetti<br />

patetici nella sete di confessione e di sacro da cui Mussolini era assillato<br />

nell’ultimo tratto della sua vita. Ma in un dittatore, sia pure ormai<br />

con pochi poteri reali, ciò ha rilevanza, oltre che individuale, politica.<br />

Non solo per la Repubblica sociale italiana, ma anche ripercorrendo<br />

all’indietro un più lungo periodo di maturazione nelle convinzioni<br />

religiose di Mussolini. Sembra infatti di poter concludere che da parte<br />

dello Stato fascista l’avvicinamento alla Chiesa non fosse solo un<br />

accorgimento politico strumentale ed abbia risposto a necessità dello<br />

spirito più profonde. Non confondiamo il comportamento di<br />

Mussolini nella sventura come la debolezza di chi sia consapevole di<br />

star per morire. <strong>Don</strong> <strong>Innocenti</strong> ci ha già fatto notare che non apprezzava<br />

cedimenti di questo genere. Lo si ricava da quanto scrisse per la<br />

morte, avvenuta il 21 dicembre 1931, del fratello Arnaldo: “Egli era un<br />

credente, ma non, com’egli disse nell’ultima conferenza alla scuola di<br />

Mistica Fascista, in un Dio generico che si chiama talvolta, per sminuirlo,<br />

Infinito, Cosmo, Essenza, ma in Dio nostro Signore, Creatore<br />

del Cielo e della Terra, e nel suo Figliuolo che un giorno premierà nei<br />

regni ultraterreni le nostre poche virtù e perdonerà, speriamo, i molti<br />

difetti legati alle vicende della nostra vita terrena. Il testamento spirituale<br />

di Arnaldo, che è del 1928, contiene una non meno alta e chiara<br />

professione di fede. E questa fede lo aveva accompagnato per tutta la<br />

vita. Non era quindi la fede che giunge all’ora del crepuscolo, quando<br />

stanchi o delusi della terra gli uomini si ricordano del Cielo, ma era la<br />

fede della prima infanzia e, poi, di tutta la vita”. Espressioni che svelano<br />

una sensibilità religiosa già risvegliata, un ritorno anche in Benito

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