careghé - Archivio Storico

ci sarebbe voluto troppo tempo e poi non si sarebbero trovate
le tavole della misura. Poi il prete l’ha benedetto e quando
l’hanno coperto ha detto che quel campo da allora in poi sarebbe
stato un posto santo. E an cora oggi in quel paese sopra Torino
quel campo lo chia mano il campo di Orsini e tutti lo rispettano
come se fosse davvero un camposanto.
Il vecchio contastorie finì di raccontare quasi decla mando.
E lo fece con tanta intensità che quando smise di parlare
era completamente esausto. Intorno a lui molti occhi luc- cicavano
commossi e ci fu un attimo di silenzio assoluto. Poi
cominciarono i commenti. La gente era entusiasta e guardava
Michinùn come se fosse stato una reliquia. Lui stava serio, con
gli occhi bassi, e pareva ancora tutto preso nella fora. Ma
appena quelli del Manuà tirarono fuori del focac cino e della
polenta arrostita, l’atmosfera cambiò e i fiaschi sulla tavola
fecero presto a svuotarsi.
Anche Michele si scosse dal torpore che l’aveva preso vicino
alla stufa rovente. Lui aveva seguito la storia fino ad un certo
punto, proprio quando Orsini si apprestava ad af frontare il
mostro; poi, nonostante cercasse di resistere, aveva cominciato
a dare degli scrolloni con la testa avanti e indietro che sembrava
quasi che gli si staccasse. E ogni volta si guardava in
giro furtivo per accertarsi che non l’a vesse visto nessuno. Ma
gli bastava appena il tempo di ri prendersi che s’abbioccava di
nuovo. E suo padre ci rideva di gusto a vederlo tribolare in
quel modo.
Se ne andarono quasi subito, ché aveva cominciato a fioccare.
- Eh, me la sentivo nelle ossa. Domani ce ne sarà una gi -
nocchiata - disse Michinùn mentre scendevano il sentiero. I
tre uomini raggiunsero l’Albergo che veniva che Dio la man -
dava.
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