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Capitolo IV<br />
A veglia<br />
Paulin e Michele lasciarono la Binella una mattina presto<br />
che c’era l’acqua ghiacciata nell’arbio delle bestie. Nella notte<br />
la temperatura era scesa di molti gradi e una brina farinosa<br />
aveva imbiancato i rami scheletriti degli alberi. L’aria odorava<br />
diversa, come se il vento del nord avesse spazzato via gli ultimi<br />
profumi dell’autunno. Era l’annuncio del gelo che sarebbe<br />
calato per mesi sui monti dell’Appennino. Da allora in poi un<br />
freddo pun gente avrebbe arrossato le facce dei viandanti e il<br />
loro respiro faticoso si sarebbe trasformato in sbuffi nebu losi<br />
che svanivano nell’aria come il fumo dei camini.<br />
Alla luce fioca dell’alba il bosco di castagni brillava per la<br />
galaverna e sembrava che sul monte fosse steso come un<br />
gigantesco, freddo ricamo. La stella del mat tino occhieg giava<br />
appena sopra l’orizzonte dei monti.<br />
Camminavano in silenzio, attenti a dove poggiavano i piedi<br />
perché la terra gelata rende il passo insicuro. Michele tossiva<br />
a intervalli quasi regolari e ogni volta sembrava che qualcosa<br />
gli raschiasse dentro i polmoni. Il fienile cominciava a<br />
farsi sentire. Camminava a ridosso di suo padre e pareva che<br />
dovesse inciampare sui suoi calcagni da un mo mento all’altro.<br />
Quel pae saggio polare l’aveva messo in agitazione e lui si<br />
muo veva guardingo, dando rapide oc chiate tutt’intorno. Gli<br />
tornavano alla mente i racconti del nonno sulle streghe dell’inverno<br />
che giravano il monte quando c’era la gala verna e<br />
portavano via tutti quelli che incontravano. Allora, quando il<br />
nonno raccontava queste storie, lui rideva e diceva che erano<br />
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