careghé - Archivio Storico

suo latte, teneva comunque la testa china sulla scodella e ogni
tanto sbirciava di sottecchi quello strano ragazzo.
- Hai capito! Corri a chiamare il padre, se no vengo fuori e
te la faccio vedere io! - tuonò con voce imperiosa la povera
donna. Carlin di scatto si tolse dalla finestra e corse via velo -
cissimo lanciando dei veri e propri ululati. Rosina scosse la
testa e aggiunse:
- Eh, Paulin, vedete che croce dobbiamo portare. Il Si -
gnore ce ne ha dato uno solo di figlio, ma per darcelo così era
meglio che non ce ne desse. Sapeste quante ce ne fa passare!
Paulin stette un attimo in silenzio, come se non sapesse
che cosa rispondere allo sfogo della donna. Poi, sospirando,
disse:
- Noialtri poveri abbiamo da portare tutti la nostra croce,
più grande o più piccola che sia. E l’unica cosa da fare è stringere
i denti e tirare avanti. Altrimenti se uno comincia a pensarci
finisce per andare fuori di testa.
- Avete ragione Paulin. E’ proprio così. Voi siete un uomo
ragionevole che sa sempre trovare le parole giuste. Ce ne fossero
tanti come voi.
Paulin continuò a guardare in terra silenzioso. Poi ad un
certo punto volse lo sguardo verso suo figlio che già da qual -
che istante lo stava fissando. Gli occhi si incrociarono. In quelli
di Michele si poteva leggere lo sconcerto che il primo impatto
con quella realtà gli aveva suscitato. E ora cercavano sicurezza
in quelli del padre. Paulin per un attimo ebbe paura di
non sapergliela dare.
- Va bene, Rosina. Mentre aspettiamo Brosio noi intanto
sistemiamo il bagaglio nella cascina - disse il careghé, cam -
biando completamente discorso.
- Andate, andate, - rispose la donna - che la strada la co -
noscete. Quest’anno il fieno è morbido e ci dormirete da
signori. Io vado a prendere l’acqua alla fonte - e, afferrato un
secchio sul lavello di pietra, uscì sull’aia.
Michele aveva già dormito nel fieno alcune volte, ma era
stato quasi per scherzo, quando lui e il figlio del fattore ave -
20