careghé - Archivio Storico

- Le facciamo, le facciamo. E vedrete che bel lavoro.
- Potete usare il castagno che c’è qui dietro, che è bello stagionato.
E’ un legno che si lavora che è una meraviglia.
- E’ vero. E il castagno, se è ben stagionato, non va mai più
alla fine. Ma ditemi, Brosio, possiamo lavorare sotto il portico?
- Ah, per me potete fare come volete. Piuttosto c’avrete
freddo là sotto.
- Oh, ci scalderemo lavorando.
- Bene, bene. E ora io vado, ché voglio vedere se riesco a
finire prima di scuro - e dopo aver preso la blusa e il cappello
dal chiodo uscì.
- Su Michele, andiamo anche noi, ché bisogna che co -
minciamo a fare qualcosa. Prendi una di queste sedie - disse
Paulin. Poi, rivolto alla padrona di casa:
- Rosina, noi andiamo sotto il portico a lavorare.
- Ma perché non state qui che c’è bello caldo?! A me non
date mica fastidio.
- Là c’è più luce. E poi non fa ancora tanto freddo.
- Contento voi, Paulin. Ma mi dispiace per questo fuento.
Intanto Michele si era alzato e per non distogliere gli occhi da
Carlin seguì suo padre quasi rinculando. Fuori si udì gridare: -
Aaah, mora, aaah - e un attimo dopo risuonò sull’aia il sordo
scalpiccio degli zoccoli della mula.
Gli attrezzi per fare le sedie erano pochi e semplici. In -
nanzitutto una specie di panca chiamata capra sulla quale veniva
lavorato il legno per il telaio. Era costituita da una tavola
con un’apertura longitudinale dentellata nella quale scorreva
un piolo dotato di incastro, che poteva essere fissato nelle
varie rientranze. Su di esso veniva collocata una delle estremità
del pezzo di legno da lavorare, mentre l’altra pog giava contro
il piantone fisso che c’era all’inizio della tavola e che
lasciava appena al lavorante lo spazio per sedersi. E, così seduto
a cavalcioni della panca e fissato il pezzo di le gno nel modo
suddetto, il careghé procedeva a modellare i suoi pezzi con
una sottile lama semicircolare a doppia impu gnatura, dopo
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