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Capitolo V<br />
L’incendio<br />
Pinin pagò con delle ceste, con la promessa che le avrebbe<br />
portate al primo viaggio che avesse fatto a Lerma. E Paulin,<br />
che pure avrebbe preferito incassare dei denari, se ne stette,<br />
perché tanto lo aveva previsto che sarebbe finita così. E del<br />
resto non gli conveniva contraddire quell’uomo che conosceva<br />
tutti sui monti e che gli aveva già fatto tro vare dei clienti.<br />
Se ne andarono un giorno appena dopo pranzo; era una bella<br />
giornata di sole, ma una brezza fine di tramontana si infilava<br />
dappertutto sotto i vestiti e faceva accapponare la pelle.<br />
Sugli alberi la galaverna resisteva inattaccata: era ormai diventata<br />
uno strato di ghiaccio compatto che soltanto il vento di<br />
mare avrebbe sciolto a primavera.<br />
Michele camminava con il bavero della blusa alzato e il<br />
cappello di lana calato sulle orecchie; e teneva la testa in -<br />
saccata nelle spalle per offrire meno spiragli alle sottili fo late<br />
che salivano dalla piana. Una goccia di muco gli pen deva<br />
ghiacciata dalla punta del naso. Ogni tanto cercava di scaldarsi<br />
le mani soffiando sulle nocche per sentirle vive. Un colpo di<br />
tosse ormai cronico gli gonfiava le guance e risuo nava secco<br />
come un filo metallico.<br />
Paulin c’era abituato al freddo perché fin da bambino aveva<br />
dovuto guadagnarsi la vita a quel modo. Una volta aveva<br />
fatto anche una polmonite che per poco non l’aveva portato<br />
all’altro mondo, ma da allora sembrava diventato di ferro e<br />
non aveva mai più avuto niente. Lui per difendersi dal gelo<br />
usava dei pezzi di sugna: se la cospargeva sul volto e sulle<br />
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