careghé - Archivio Storico

e i conigli e tirando via la pelle dalla testa gli occhi gli venivano
fuori così, come due palle bianche sporgenti.
Trovarono le donne tutte attorno alla stufa che stavano
cucendo. Subito un leggero brusìo si levò dal gruppetto. Poi
una di loro gli andò incontro. Era una bella mora, pallida di
carnagione e prosperosa, che portava i capelli raccolti in un
muccio sul capo e aveva gli occhi tagliati un po’ a mandorla.
Era snella di vita e indossava dei vestiti che era difficile vedere
addosso a una becella e pareva quasi una cittadina. Era la
moglie di Luigin.
- Oh Paulin, siete dunque arrivato. Ne avevamo proprio
bisogno, ché non sappiamo più dove sederci. Ma venite avanti,
ché c’avrete freddo. Ve l’ha detto quel giovane che Luigin
non c’è? Oh, ma fa presto, sapete; e io credo che prima di scuro
sarà qui.
Parlava talmente spedita che Paulin riuscì appena a ri -
spondere:
- Se non vi scomoda, noialtri intanto ci mettiamo a lavo -
rare, di modo che ci avvantaggiamo un po’.
- Oh, fate pure, fate pure. Noi non ci disturbate davvero.
Qui c’è spazio per tutti.
- Se preferite possiamo andare nella stalla.
- Oh no, no, state pure qui, ché ci state di sicuro meglio - e
mentre diceva queste parole la donna arrossì e lanciò un’occhiata
d’intesa al giovane orbo. Paulin capì subito l’an tifona.
Michele invece era sempre più frastornato da quella si -
tuazione. Prima i cani feroci, poi quell’orbo strano e un po’
brusco e ora quella donna che non aveva speso neppure una
parola per lui e che si capiva lontano un chilometro che non
era naturale. C’era qualcosa di insolito in quei comporta menti,
che si percepiva anche fisicamente e che metteva a disagio.
Ovunque erano stati, dopo qualche attimo di am bientamento si
erano sentiti come a casa loro, ché la gente gli aveva fatto sentire
il suo affetto. Lì invece tutto sem brava ostile e indifferente,
come se il loro arrivo non fosse stato gradito. Ma queste
cose suo padre le sapeva e allora perché c’era voluto venire lo
106