careghé - Archivio Storico

modo goffo, ché li dentro ci si sentiva in soggezione. E intanto
Clelia s’era messa a guardare suo figlio per conto suo e
faceva quegli occhi pietosi che soltanto le donne sanno fare.
Nessuno osava parlare. Michele avrebbe voluto farlo, ma aveva
paura di non essere più capace, e allora aspettava che fossero
gli altri a cominciare. Poi forse si sarebbe rasse gnato a
provare. Ma loro guardavano e basta e chissà quanto sarebbe
andata avanti così.
- Come sta il nostro giovanotto? Finalmente s’è sve gliato?
Bene, bene.
Michele vide l’uomo con il camice bianco venire verso il
suo letto con passo deciso, mentre due suore gli correvano dietro
con in mano degli arnesi e dei fogli. Si ricordò la sua faccia,
soprattutto quel pizzetto brizzolato che gli era rimasto
negli occhi a lungo prima di ... E la voce anche, che gli era
sembrata quella degli ufficiali quando venivano i soldati a fare
le manovre nella piana. L’uomo si avvicinò al letto e gli chiese
con tono amichevole:
- Allora, come ci sentiamo? E’ passata la paura, ne vero?
Vedrai che tra pochi giorni ti rimandiamo a casa.
Poi, rivolto alle due suore:
- Prendetegli la temperatura e misurategli la pressione.
Ma, mi raccomando, non muovetelo assolutamente!
Michele vide la più anziana delle due suore armeggiare
attorno al suo braccio. Se lo sentì stringere appena sopra il
gomito, per fortuna non era quello che gli faceva male, e poi
la suora cominciò a premere una pompetta di gomma e a guardare
in una specie di orologio attaccato al bracciale. L’altra
invece gli aveva sbottonato il pigiama sul petto e cercava di
infilargli un termometro sotto l’ascella.
Nel frattempo il dottore si era scostato dal letto e aveva fatto
segno a Clelia e a Paulin di avvicinarsi, come se vo lesse dirgli
qualcosa. Loro esitavano, sicché lui dovette in sistere un
po’.
- State tranquilli,è andato tutto bene. Non dovrebbero es -
serci più problemi di infezione. Purtroppo, però, per essere
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