careghé - Archivio Storico

la sua parte. L’altro, rialzando la testa, fece una smorfia di
insofferenza, come per far capire all’amico che prima o poi
avrebbe fatto comunque di testa sua.
- C’è sempre tempo a imparare a usare il fucile. Pur troppo
verrà un momento che dovrai farlo per forza, quando ti chiameranno
a soldato. E vedrai che allora rimpiangerai la tua
cascina e le tue bestie - disse calmo Paulin cercando di far
ragionare il ragazzo.
- Io non lo mando neanche a soldato, ve lo giuro sulla buon’anima
di mio marito - urlò la donna con la voce rotta dal
pianto.
- Bisognerebbe davvero fare tutti così. Forse la smette -
rebbero di fare le guerre.
Nessuno parlò più Ma dai visi appena rischiarati dal lu -
mino traspariva quanto ognuno stesse rimuginando dentro di
sè quei discorsi.
Furono i ragazzi i primi a riscuotersi. Cominciarono a parlottare
e ad un certo punto si udì Michele dire: - Dai, chiediglielo,
vedrai che te lo racconta.
- Ma no, no, zitto! - cercò di schermirsi Lino.
- E dai, di che cosa hai paura! - insistette Michele.
Lino guardò l’amico con gli occhi infuocati, come per fargli
capire che se continuava lo faceva davvero arrabbiare. Ma
a quel punto intervenne Paulin.
- Cosa c’è, cosa c’è.
Michele, dal momento che Lino si schermiva sempre di più
nascondendo persino la testa tra le braccia, assunse l’ini -
ziativa.
- Lino dice che ha visto al Santuario della Rocchetta il quadretto
di un soldato che si è salvato dalla guerra per me rito della
Madonna e che sua madre gli ha detto che eravate voi. Io gli
ho detto che è vero e lui voleva sapere com’era andata, ma non
ha il coraggio di chiedervelo.
- Eh sì che ora Paulin ci ha testa di stare a raccontare quelle
cose - disse lesta la vedova. Ma il tono fu tale da far pensare
che anche lei ci sperasse.
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