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qui - Porphyra

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Il protocollo contemplava anche la consegna da parte dei senatori del modiolus, 155 un diadema<br />

aureo di dimensioni ridotte che era una sorta di riconoscimento civile dell’imperatore. Il rito civile<br />

<strong>qui</strong>ndi era espressione del consensus universorum verso l’eletto all’impero (il popolo pregava: «la<br />

città ti desidera, l’ecumene ti desidera»), 156 consenso che veniva ad aggiungersi a quello militare e<br />

senatoriale. È importante sottolineare che il consensus universorum rivestiva un ruolo strategico<br />

nel legittimare l’imperatore, tanto che Maiorano (sebbene imperatore occidentale), si preoccupò di<br />

dare forza di legge alla sua elezione, avuta per consenso del Senato e dell’esercito, con la novella<br />

datata 11 gennaio 458: «imperatorem me factum, patres conscripti, vestrae electionis arbitrio et<br />

fortissimi exercitus ordinatione cognioscite». 157 Secondo Ammiano la cerimonia militare non era<br />

valida in un contesto urbano: 158 il rito civile-ecclesiastico serviva <strong>qui</strong>ndi a catalizzare il popolo e a<br />

inglobarlo nell’enorme meccanismo simbolico della basileìa, che si concretizzava nel grido : «Dio<br />

ti ha dato a noi, Dio ti conservi».<br />

I protocolli del XII secolo descrivono un nuovo tipo di cerimonia, 159 dovuta allo stabilizzarsi<br />

della situazione politica e al fatto che gli imperatori fossero quasi tutti porfirogeniti o membri della<br />

stessa famiglia. In questa nuova cerimonia, Il basileus esce dai suoi appartamenti rivestito dello<br />

skaramangion e del sagion, 160 si reca nell’Oinopodion scortato da senatori e dignitari, e <strong>qui</strong> viene<br />

omaggiato dai patrizi. Quindi si reca al concistoro, ove ritto davanti al trono riceve la proskynesis<br />

di tutta la corte. Giunto a S. Sofia, procede verso l’oratorio del mitatorion, 161 ove si riveste del<br />

divitision e del tzitzakion, 162 e, dopo la preghiera presso l’iconostasi e l’offerta dei ceri, sale sull<br />

“ombelico purpureo”, un ambone in porfido ove si trovano, disposti sopra un altare portatile<br />

(antimision), la clamide purpurea e lo stemma con pendulia. 163 Il patriarca, ivi salito con lui, gli<br />

impone la clamide e lo incorona al canto dell’axion, seguito dal gloria. All’uscita, l’imperatore è<br />

accolto dai canti apotropaici dei demi e festeggiato con il consueto banchetto.<br />

Nei successivi protocolli di incoronazione di Manuele Comneno e di Andronico II si notano<br />

ulteriori variazioni. Ritorna in auge il rito della sollevazione sullo scudo, a cui partecipava pure il<br />

patriarca con l’imperatore anziano (se in vita): essi sostenevano la parte anteriore dello scudo<br />

insieme ad altri dignitari (despoti, sebastocratori, cesari o arconti). La cerimonia si svolgeva al<br />

610, cfr. CONST. PORPH., Liber de cerimoniis, 1, 91-95); il rito in S. Sofia si stabilizzò con Costante II (NICEFORO,<br />

Cronografia, 2, p. 30); Leone (NICEFORO, Cronografia, 3, p. 52 e CONST. PORPH., Liber de cerimoniis, 7, 71, 76,<br />

78). Cfr. anche PERTUSI, Le insegne, p. 529.<br />

155 Cfr. CONST. PORPH., Liber de cerimoniis, 1, 94; CHARANIS P., The imperial crown modiolus and its<br />

constitutional significance, in “Byzantion” 12 (1937), p. 190; IDEM, The Crown modiolus once more, in “Byzantion”<br />

13 (1938), pp. 337-381.<br />

156 Sul consensus universorum cfr. gli studi di INSTINSKY H.U., Consensus universorum, in “Hermes” 75 (1940), pp.<br />

265-278.<br />

157 Cfr. Nov. Maior., 1.<br />

158 Cfr. CONST. PORPH., Liber de cerimoniis, 4, 1, 1; MACCORMACK, Arte, p. 365.<br />

159 Tali protocolli contenuti nel Liber de cerimoniis sono aggiunti in calce a quelli dei V-VI secc.<br />

160 Il termine skaramangion, di non chiara derivazione, indica una lunga tunica (il cui colore, generalmente purpureo,<br />

dipendeva dalla festa in cui l’imperatore la indossava) ornata di clavi. Spesso vi comparivano alcune decorazioni, tra le<br />

quali spicca il castorium (perché ricamato con un castoro o decorato col pelo di questo animale), usato da Niceforo<br />

Foca: cfr. SCHLUMBERGER G., Un empereur byzantin au dixième siècle. Nicéphore Phocas, Paris 1923, pp. 211-248.<br />

Il sagion era una mantella purpurea che si poneva sullo skaramangion, con ricami aurei e perle.<br />

161 Interessante è il lavoro di PAPADOPOULOS J.B., Le mutatorium des église des byzantines, in Mémorial L. Petit,<br />

Bucarest 1948, pp. 366-372.<br />

162 Tale termine – come raccontato da CONST. PORPH., Liber de cerimoniis, 1, 1 – era di origine esotica e forse<br />

derivava dalla parola turca chichèk (fiore), nome della sposa di origini cazare di Costantino V. Tale abito, in origine<br />

femminile, venne adottato dalla corte come abito maschile da parata sotto forma di una tunica corta: cfr. WESSEL–<br />

PILTZ–NICOLESCU, Art. Insignien, pp. 420-424.<br />

163 Il simbolismo della pietra su cui viene creato il sovrano dei Romani orientali fu sicuramente assorbito dopo<br />

l’incoronazione di Carlo Magno, che si era inginocchiato sulla rota porphyrea (una lastra purpurea); in realtà esso è<br />

molto più antico e legato all’idea della pietra uranica, caduta dal cielo, che indica il re legittimo: ne sono esempi il lapis<br />

niger di Eliogabalo, la stone of destiny dei Britanni o ancora la Pietra Nera custodita alla Mecca. Cfr. GUÉNON R., Le<br />

roi du monde, Yorks 1983, cap. 9.<br />

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