2.2 Il diadema regale: dall’alloro solare al kamelaukion. La corona era la più importante 208 tra le insegne imperiali, poiché essa «copre il capo immortale (...) dell’assiso, ornata di gemme e superba d’oro e di porpora», 209 e la si credeva donata da un angelo a Costantino. 210 La sua importanza era tale che, dopo la cacciata dei Tar<strong>qui</strong>ni, era stata bandita da Roma, come sancito nel giuramento di Bruto. 211 Nella Roma repubblicana si ammettevano però delle corone che avevano una natura celebrativa civile. La corona era dunque contemplata come un ornamento di ricompensa per coloro i quali compivano gesta meritorie: la più importante era la corona triumphalis, data ai generali vittoriosi che in battaglia avessrro ucciso più di cinquemila uomini; dopo, vi era quella di mirto, per l’ovatio (sorta di trionfo in tono minore, prevista qualora i nemici uccisi non raggiungessero i cinquemila); si annoverano anche la navalis, la muralis, la castrensis, la civica e la obsidionalis. 212 Gli imperatori romani dall’inizio del principato si fregiarono del lauro che, come tramandato dalla tradizione, è un simbolo solare: nelle Metamorfosi di Ovidio 213 Apollo, trasformata Dafne in alloro, si cinge il capo delle sue fronde per tenere sempre accanto a sé l’amata, promettendole di conservare i suoi rami intonsi come la sua chioma; da <strong>qui</strong> la natura eterna dell’imperium e del destino del Cesare, nonché della metamorfosi solare dell’imperatore e del generale vittorioso che potevano considerarsi simile agli dei in una eliomimesi sancita dalla stessa corona. Il carattere solare della figura dell’imperatore era costantemente ribadito: sotto gli Antonini si usò anche la corona radiata di origine tolemaica, che meglio rendeva l’idea solare del carattere regale. Marco Aurelio Probo (276-282) riprese l’iconografia nelle sue monete e lo stesso Costantino, nel recto di alcuni esemplari della sua monetazione, fece comparire la personificazione del sole accompagnata dalla scritta «soli invicto comiti». Fu Costantino stesso, come puntualizzato da De Francisci, ad inaugurare un nuovo «segno del potere assoluto e sacro del sovrano, (...) il diadema, (...) che nella tradizione classica costituisce il simbolo della monarchia assoluta»; 214 in occasione dei Vicennalia, nel kathisma (la tribuna imperiale) del grande ippodromo di Costantinopoli, alla vista del suo popolo, egli si farà ornare le tempie con un nuovo tipo di corona: la tenie-diadema. Una forte tradizione, attestata da Ambrogio, vuole che Elena fece forgiare per il figlio un nuovo diadema, che contenesse uno dei chiodi con 208 Cfr. CRISOSTOMO, De perf. car., 6, 287 A. 209 Cfr. COR., In laud. Iust., 3, 194-203. 210 Cfr. MALALA, Cronografia, p. 321, 17-22; LINDER A., The myth of Constantine the Great in the West: sourcess and hagiografic commemoration, in “Studi medievali” 3 (1957), pp. 57-59. 211 Secondo Shakespeare fu questa la prova con cui si vagliarono le intenzioni di Cesare: la corona gli fu offerta per ben tre volte, ed egli per tre volte la rifiutò. Cfr. Giulio Cesare, 3, 3. 212 Cfr. PALAZZI F., Mythos. Dizionario di antichità classiche, Milano 1990, p.77. La corona civica di quercia era data a chiunque salvasse un cittadino; la corona muralis a chi saliva per primo sulle mura della città assediata (era in oro ed aveva la forma di un giro di merli); la corona castrensis era d’oro per colui che saliva per primo sul vallo di un accampamento nemico; la corona navalis con rostri d’oro era un premio per chi fosse salito per primo su una nave nemica; la corona obsidionalis era regalata al generale liberatore della città assediata. 213 Cfr. STECHOW W., Apollo und Daphne, Leipzig 1932; DAVIDSON REID J. – ROHMANN C., The Oxford Guide to Classical Mythology in the Arts, 1300-1990, New York-Oxford 1993. Per un’altra lettura della corona cfr. BODE G.H. (ed.), Mythographus Vaticanus III, Cellis 1834, pp. 201-202; GIOVANNI DI GARLANDIA, Integumenta Ovidii, 1, 93-96 (sec. XII, 1322-1323 circa); GIOVANNI DEL VIRGILIO, Allegoriae Librorum Ovidii Metamorphoseos, 1, 9, (1322-1323 circa); PETRUS BERCHORIUS, Ovidius Moralizatus, 1, 7, 7, 9 (1342-1350 circa); BOCCACCIO, Genealogia Deorum Gentilium, 7, 29: «Daphne, Penei filia» (1363-1372 circa); ARNOLFO D’ORLEANS, Allegoriae super Ovidii Metamorphosen, 1, 9; cfr. il commento di GHISALBERTI F., Arnolfo d’Orleans. Un cultore d’Ovidio nel XII secolo, in “Memorie del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Classe Lettere”, 1, Milano 1932; CARTARI V., (a cura di HONORAT B.), Imagini colla sposizione de i dei degli Antichi, Lione 1581; l’alloro è stato anche interpretato come simbolo di Cristo: cfr. PETRUS BERCHORIUS, Ovidius Moralizatus, 1509, 1, fabula 9. 214 Cfr. DE FRANCISCI, Arcana, pp. 87-88. 28
cui il Cristo era stato crocifisso, così da infondergli la sapienza necessaria per governare l’impero. 215 corona triumphalis corona radiata corona ovalis corona castrensis corona navalis corona muralis corona civica Propriamente, la tenie era il copricapo adottato dai sacerdoti e dagli iniziati: con la teniediadema, dunque, il sovrano fonde la sua qualificazione di capo dello stato romano (con la qualitas militare tipica del titolo di imperator latino) e la sua legittimazione spirituale di eletto di Dio; la somma dignità imperiale assunta con l’imposizione della tenie si concretizzava in quest’espressione: «a Deo infulas imperiales adepto». 216 Per i suoi figli, assimilati al potere con il titolo di cesari, l’imperatore conserva la corona d’alloro, come si vede nel verso di una moneta della zecca di Costantinopoli, ove Costantino è incoronato con un diadema dalla mano di Dio, tra i due figli, che vengono invece incoronati dalla Vittoria e dalla Virtù con serti di alloro. In un’altra Costantino, assiso in trono stringente lo scettro 215 Tale tradizione venne riportata in auge da S. Ambrogio, il quale affermò, nel discorso funerario del 395 per la morte dell’imperatore Teodosio, che da allora il «santo chiodo (...) era collocato sulla testa degli imperatori». Cfr. De obitu Theodosii, 40-48; MASPERO V., Alla ricerca del Sacro Chiodo. La ricostruzione dell'elmo diademico di Costantino, in “Arte Cristiana” 42 (luglio-agosto 2004), pp. 299-300; RUFINO, Historia Ecclesiastica, 8; PAOLINO DA NOLA, Epistulae, 31, 1, 4-5; BORGEHAMMAR S., How the Holy Cross was found. From event to medieval legend, Stockolm 1991. 216 Cfr. MANSI, Sacrorum Conciliorum…, cit., l.c., VII, 559 A. 29