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qui - Porphyra

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Il labaro ricompare sotto Costantino V in un solido di Siracusa, mentre un follis di Teofilo che<br />

lo riporta, ci spinge a ipotizzare che esso sia identificato con un simbolo di vittoria collegato al<br />

trionfo sugli arabi a Tarso e Massisa (831), poiché il termine greco sképtron usato nel protocollo<br />

spesso indica un’insegna militare. 395 Nelle monete della dinastia macedone, Costantino VIII lo<br />

regge nella destra, mentre nella sinistra ha l’akakia. 396<br />

Labaro di Costantino VIII. Labari del sec. IX-X.<br />

Anche Michele IV Plafagone sceglie per la sua monetazione di portare nella destra un labaro.<br />

In un solido (1042) Teodora e la sorella Zoe lo sostengono insieme, a significare il loro regnare<br />

congiuntamente sull’impero dei Romani. È da notare che l’insegna diventa anch’essa attributo<br />

della Piissima Augusta: vi è infatti una moneta di Teodora (risalente al 1055-1056) ove l’insegna è<br />

consegnata a questa dalla Vergine, 397 elemento questo che non ne pregiudica il carattere militare,<br />

poiché la Theotokos, come noto dall’inno Akathistos, può essere anche «generale invincibile». 398<br />

Nella monetazione dei Ducas esso viene ripreso da Costantino X, che lo riceve dall’Arcangelo<br />

Michele e, in una moneta d’argento, lo ostende con lo spheron; e da Michele VII, che lo impugna<br />

in un’altra moneta. Alessio I Comneno nella sua monetazione detiene un labaro insieme con un<br />

santo in armatura: certamente S. Alessio, suo omonimo e patrono. Il labaro è presente anche in una<br />

moneta di Alessio III Angelo, che lo sorregge con San Costantino: un caso della cosiddetta<br />

“nostalgia dei simboli di Costantino” (Galvaris). 399<br />

È importante anche menzionare la comparsa del labaro in alcune miniature, ad esempio quella<br />

di un codice vaticano ove Cristo viene raffigurato mentre incorona col kamelaukion Giovanni ed<br />

Alessio Comneno, consigliato dalla Giustizia e dalla Compassione. Gli imperatori detengono<br />

entrambi nella destra un labaro caratterizzato, come nella più tarda iconografia, dall’assenza del<br />

395 Cfr. CONST. PORPH., Liber de cerimoniis, 1, 13 sgg.; GRABAR, L’empereur..., cit., pp. 51-53 e pl. 7, 1; su di esso<br />

compariva, composta di pietre preziose, o la croce latina o quella di S. Andrea. La tradizione vuole che questo ritorno<br />

alle insegne di Costantino mirasse a riabilitare dall’accusa di iconoclasmo Teofilo, il cui nome effettivamente non<br />

compare nel tomos contenente i nomi degli imperatori iconoclasti posto sull’altare di S. Sofia dopo il trionfo<br />

dell’ortodossia. GRUMEL V., Les regestes des actes du Patriarcat de Constantinople, in “Socii Assumptionistae<br />

chalcedonenses” 1936 (42-46), pp. 414-416.<br />

396 Cfr. MORELLO, Gli splendori ..., cit., p. 82, fg. 25: histamenon in oro, gr. 435. Riguardo il ritorno in voga del<br />

labaro, cfr. PERTUSI, Il pensiero, p. 96; IDEM, Le insegne, p. 508. Ora il suo carattere militare si attenua e diventa<br />

un’insegna alla stregua della croce, simbolo della cristianità dell’Augusto, che regge nella mano sinistra l’akakia<br />

simbolo della caducità terrena, e ha il capo ornato di una corona su cui trionfa una croce. Cfr. GRABAR, L' empereur...,<br />

cit., pp. 6, 11, 14, 19, 20, 32, 33, 51, 53, VII 1.<br />

397 Cfr. MORELLO, Gli splendori..., cit., p. 82, fg. 27, gr. 4,35.<br />

398 Cfr. TONIOLO E.M. o. s. m. (trad. it.), Inno akathistos, Roma 1996, opera di un anonimo monaco per il santuario<br />

costantinopolitano delle Blacherne (secondo la tradizione il compilatore era Basilio di Seleucia); IDEM, Inno Akathisto.<br />

Monumento di teologia e culto mariano nella Chiesa bizantina, in De cultu mariano saeculis 6-9, 4, 1972, pp. 1-39,<br />

IDEM, Inno Akathistos, in “La Madonna” 48 (2000), 1, pp. 38-48.<br />

399 Cfr. GALAVARIS, The Symbolism..., cit., p. 108.<br />

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