Seconda insegna minore connessa al trono è il cuscino purpureo su cui siede l’imperatore, detto pulvinar: esso è simbolo di somma dignità perché ereditato dalla tradizione pagana come ornamento dei troni divini e attributo degli eroi divinizzati. Particoalre della miniatura raffigurante Giovanni Cantacunzeno mentre presiede un concilio tra vescovi ed alti dignitari. Cantacunzeno, come i suoi predecessori (in primis Costantino), ratifica i dettami dei concili dandogli forza di legge. In questa immagine si crea un paragone tra il sovrano, assiso in trono e contornato dalla sua corte, col vescovo che nell’abside della cattedrale siede col capitolo. Si rimarca così il nesso tra potere imperiale e potere sacerdotale: l’imperatore si presenta a pieno come re e pontefice, che dal trono guida la liturgia del mondo garantendo l’ordine cosmico tramite l’eterna vittoria, apportatrice di pace (miniatura, ms gr. 1242 f.5, Bibliotequèque Nationale, Parigi). 44
2.5. Il loros: pegno di vittoria del Cristo sole, simbolo del trionfo dei Romani. Il loros è forse l’insegna imperiale più affascinante, poiché conserva un carattere simbolico di più ardua interpretazione, carico com’è di valori mistici. 292 In prima battuta, si può dire che esso perpetua la natura solare della potestà regale. Portato per la prima volta da Giustino II, 293 poi da Maurizio (582-602) in un solido aureo, esso viene descritto nel De cerimoniis come una sciarpa d’oro tempestata di pietre preziose e perle, indossata nelle occasioni più solenni e per onorare gli ospiti stranieri. 294 Era avvolto attorno al corpo, con un lungo strascico che cadeva sul braccio sinistro. Secondo il Constitutum Constantini 295 il suo prototipo era da ritrovarsi nelle bende che avevano avvolto il corpo di Cristo defunto: anche questa insegna rimanda <strong>qui</strong>ndi alla caducità umana, ma nel contempo lo splendore dell’oro evoca la resurrezione di Cristo, che è sole di giustizia (essendo l’archetipo regale proprio il sole). 296 Il loros veniva indossato dall’imperatore, così da ricomporre misticamente il collegio apostolico, insieme ai dodici tra i più alti dignitari (magistri e proconsoli). Questi erano eletti alla “tavola aurea” e venivano definiti “amici” (col termine usato da Cristo nell’ultima cena per definire gli apostoli). 297 L’imperatore, per christomimesis, rappresentava il Salvatore, 298 ma non solo in un’assimilazione solare riproduceva il cosmo: infatti l’imperatore-sole era contornato dai più alti magistrati che rappresentavano le dodici costellazioni zodiacali, e non a caso l’Ultima Cena viene interpretata sovente come una metafora cosmica del sole che risplende nello zodiaco. Lo stesso banchetto veniva consumato il giorno di Natale, quando «i nostri imperatori scelti da Dio a imitazione della venuta del Cristo fra gli uomini prendono in comune il loro nutrimento corporale». 299 Dunque anche nella celebrazione dell’antico giorno del Sol Invictus, festività convertita secondo la profezia di Zaccaria, 300 il carattere cristico dell’imperatore-sole viene messo in scena. Pertusi e Ravegnani sono convinti che il loros derivi dall’evoluzione della trabea triumphalis, 301 sorta di grande stola ricamata con rose auree su fondo porpora, di cui si ornavano i consoli. Ne possiamo vedere un esempio nel dittico del console Magno. 302 292 Cfr. CONST. PORPH., Liber de cerimoniis, 2, 40. 293 Cfr. GRABAR A., L’iconoclasme byzantin. Dossier archéologique, Paris 1957, fg. 11. 294 Cfr. PANASCIÀ, Il libro delle cerimonie..., cit., pp. 119-131, in occasione della visita di ambasciatori saraceni per scambio di prigionieri. 295 Cfr. Constitutum Constantini, ove esso viene concesso a Silvestro II ed ai suoi successori, a rappresentare lo splendore della resurrezione. Cfr. anche LOENERTZ, Constitutum, pp. 222-224; OHNSORGE W., Konstantinopel und der Okzident, Darmstadt 1966, p. 118. 296 Cfr. Luca, 1, 67-79: «in <strong>qui</strong>bus visitabit nos oriens ex alto». 297 Cfr. Giovanni, 15, 12-16. 298 Cfr. CONST. PORPH., Liber de cerimoniis, 2, 40. Si identificano con essi 12 tra i magistroi e gli anthypatoi. Ibn Rosten parla di 12 patrizi con in mano un’asta d’oro, ma ciò non è possibile poiché i bastoni sono insegne dei curopalati od ostiari. 299 Cfr. FILOTEO, Kletorologion, pp. 65-253; cfr. RAVEGNANI, Imperatori, p. 20. 300 Cfr. Luca, 1, 68-79. 301 Cfr. PERTUSI, Le insegne, p. 518; RAVEGNANI, Imperatori, p. 111. 302 Avorio, tavoletta di dittico consolare, 518 d.C., Parigi, Bibliothèque Nationale, Cabinet des Médailles. Cfr. RAVEGNANI, Antologia: «Magno, console a Costantinopoli nel 518, è raffigurato sulla sedia di parata (la sella curulis) con in mano lo scettro e la mappa, il drappo con cui doveva dare l’inizio dei giochi dell’ippodromo. Indossa la trabea, il lungo manto che gli avvolge le spalle e cade sul davanti dove un’estremità è tenuta sollevata con il braccio sinistro. Ai suoi lati le allegorie di Roma e di Costantinopoli. Lo stesso abbigliamento era usato nel tardo antico dall’imperatore allorché assumeva il consolato, ma la sua trabea era ornata con pietre preziose e inoltre portava la corona». 45