sorregge un enorme globo con una vittoria nell’atto di porgere la corona triumphalis all’Augusto. 394 Particolare di Onorio in abiti militari da parata (dittico di Probo, Roma 406 d.C, Accademia Anselmiana, Aosta). 62 Particolare della coppa della largitio di Valentiniano III: l’imperatore indossa le vesti militari e porta lo spheron e il labaro (Ginère Musée d’art et d’histoire). 394 Coppa della largitio di Vaentiniano III, Ginère Musée d’art et d’histoire: cfr. la descrizione di MACCORMACK, Arte, pp. 301-302, nonché CRIPPA – ZIBAWI, L’arte paleocristiana..., cit., p. 147. Questa iconografia si ritrova nella statua di un imperatore presente a Barletta (secondo alcuni Teodosio), che ha la stessa posa di coloro che reggono il labaro: la destra è alzata verso il cielo come se sostenesse una lunga asta (probabilmente un labaro, anche se ora gli è posta nella mano una croce), mentre la sinistra tiene un globo che, per la probabile data di esecuzione, era sormontato da una vittoria.
Il labaro ricompare sotto Costantino V in un solido di Siracusa, mentre un follis di Teofilo che lo riporta, ci spinge a ipotizzare che esso sia identificato con un simbolo di vittoria collegato al trionfo sugli arabi a Tarso e Massisa (831), poiché il termine greco sképtron usato nel protocollo spesso indica un’insegna militare. 395 Nelle monete della dinastia macedone, Costantino VIII lo regge nella destra, mentre nella sinistra ha l’akakia. 396 Labaro di Costantino VIII. Labari del sec. IX-X. Anche Michele IV Plafagone sceglie per la sua monetazione di portare nella destra un labaro. In un solido (1042) Teodora e la sorella Zoe lo sostengono insieme, a significare il loro regnare congiuntamente sull’impero dei Romani. È da notare che l’insegna diventa anch’essa attributo della Piissima Augusta: vi è infatti una moneta di Teodora (risalente al 1055-1056) ove l’insegna è consegnata a questa dalla Vergine, 397 elemento questo che non ne pregiudica il carattere militare, poiché la Theotokos, come noto dall’inno Akathistos, può essere anche «generale invincibile». 398 Nella monetazione dei Ducas esso viene ripreso da Costantino X, che lo riceve dall’Arcangelo Michele e, in una moneta d’argento, lo ostende con lo spheron; e da Michele VII, che lo impugna in un’altra moneta. Alessio I Comneno nella sua monetazione detiene un labaro insieme con un santo in armatura: certamente S. Alessio, suo omonimo e patrono. Il labaro è presente anche in una moneta di Alessio III Angelo, che lo sorregge con San Costantino: un caso della cosiddetta “nostalgia dei simboli di Costantino” (Galvaris). 399 È importante anche menzionare la comparsa del labaro in alcune miniature, ad esempio quella di un codice vaticano ove Cristo viene raffigurato mentre incorona col kamelaukion Giovanni ed Alessio Comneno, consigliato dalla Giustizia e dalla Compassione. Gli imperatori detengono entrambi nella destra un labaro caratterizzato, come nella più tarda iconografia, dall’assenza del 395 Cfr. CONST. PORPH., Liber de cerimoniis, 1, 13 sgg.; GRABAR, L’empereur..., cit., pp. 51-53 e pl. 7, 1; su di esso compariva, composta di pietre preziose, o la croce latina o quella di S. Andrea. La tradizione vuole che questo ritorno alle insegne di Costantino mirasse a riabilitare dall’accusa di iconoclasmo Teofilo, il cui nome effettivamente non compare nel tomos contenente i nomi degli imperatori iconoclasti posto sull’altare di S. Sofia dopo il trionfo dell’ortodossia. GRUMEL V., Les regestes des actes du Patriarcat de Constantinople, in “Socii Assumptionistae chalcedonenses” 1936 (42-46), pp. 414-416. 396 Cfr. MORELLO, Gli splendori ..., cit., p. 82, fg. 25: histamenon in oro, gr. 435. Riguardo il ritorno in voga del labaro, cfr. PERTUSI, Il pensiero, p. 96; IDEM, Le insegne, p. 508. Ora il suo carattere militare si attenua e diventa un’insegna alla stregua della croce, simbolo della cristianità dell’Augusto, che regge nella mano sinistra l’akakia simbolo della caducità terrena, e ha il capo ornato di una corona su cui trionfa una croce. Cfr. GRABAR, L' empereur..., cit., pp. 6, 11, 14, 19, 20, 32, 33, 51, 53, VII 1. 397 Cfr. MORELLO, Gli splendori..., cit., p. 82, fg. 27, gr. 4,35. 398 Cfr. TONIOLO E.M. o. s. m. (trad. it.), Inno akathistos, Roma 1996, opera di un anonimo monaco per il santuario costantinopolitano delle Blacherne (secondo la tradizione il compilatore era Basilio di Seleucia); IDEM, Inno Akathisto. Monumento di teologia e culto mariano nella Chiesa bizantina, in De cultu mariano saeculis 6-9, 4, 1972, pp. 1-39, IDEM, Inno Akathistos, in “La Madonna” 48 (2000), 1, pp. 38-48. 399 Cfr. GALAVARIS, The Symbolism..., cit., p. 108. 63