Stanchi dei fiori - Arte e Arti

IPERuRAnIO - VOL. 1, n. 1
dopo l’incipit del Caravaggio, sviluppano nature morte di vario genere.
A questo tema sarà votata soprattutto la produzione napoletana
che, partendo da Salvator Rosa (Napoli 1615-Roma 1673), artista
fra i più versatili e colti del barocco, passando per Giacomo (1603-
1650) e Giovanni Recco, arriva alle numerose prove di Francesco
Solimena (Canale di Serino 1657-Napoli 1747), che darà vita a Vanitas
di incredibile impatto visivo. In queste, con o senza l’elemento del
cranio umano, i vari rimandi scritti in cartigli o su pagine di libri
consunti ci chiariscono la simbologia delle composizioni. “Sic transit
gloria mundi, Omnia vanitas, Terror della morte” è, ad esempio, solo
una delle frasi che corredano il repertorio classico, dove vasi o cestini
con fiori recisi sono elementi imprescindibili.
Oltre agli onnipresenti tulipani, sintomo di una contaminazione dell’arte
italiana da parte dei maestri nordici, appare interessante la presenza
frequente del narciso, antico simbolo legato all’egoismo ed all’amore per
se stessi, ritenuto in antichità anche fiore infernale e quindi di carattere
funerario. Nell’Iconologia di Cesare Ripa è anche simbolo di stupidità,
ma nell’iconografia cristiana si volge al positivo a rappresentare il trionfo
dell’amore divino e della vita eterna sopra la morte: ognuna di queste
metafore trova modo di calzare nel topos della Vanitas.
Dal punto di vista tecnico i fiori sono descritti in modo attento per
essere facilmente riconoscibili; le pennellate dense esaltate dal fondo
scuro aumentano il senso drammatico che raggiunge vertici notevoli
per evidenziare maggiormente la tragicità del messaggio.
La presenza costante di fiori nel soggetto da noi considerato
diventa poi il motivo chiave che spinge anche certe pittrici donne
ad avvicinarsi a questo tema, non dimentichiamo infatti quanto la
pittura floreale sia sempre stata amata dal genere femminile: da Clara
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