Stanchi dei fiori - Arte e Arti
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GAbRIELE d’AnnunzIO. unO CHE dEI FIORI...<br />
O Natura, o immensa sfinge, mio folle amore!<br />
Canto novo, libro I, X, v. 38<br />
Bellezza, fragilità, profumo, mistero: i <strong>fiori</strong> hanno rappresentato<br />
da sempre una fonte d’ispirazione e un motivo di canto per poeti e<br />
scrittori di tutte le epoche e latitudini; è tuttavia soltanto sul finire<br />
dell’Ottocento, in quell’atmosfera sospesa tra suggestioni tardonaturalistiche,<br />
simbolismo, estetismo e decadentismo che essi, in<br />
virtù <strong>dei</strong> loro molteplici significati, delle loro segrete allusioni e<br />
del loro misterioso linguaggio tramandato da una plurisecolare<br />
tradizione, assurgono al ruolo di protagonisti della scena artistica. 1<br />
Ora semplice attributo decorativo, ora ambiguo correlativo oggettivo<br />
della condizione umana, ora misterioso ed enigmatico ammonimento,<br />
i <strong>fiori</strong> riempiono della loro fragranza le pagine degli scrittori fin de<br />
siécle, e più di ogni altre, le pagine di Gabriele d’Annunzio, che del<br />
simbolismo è stato in Italia il più importante, benché controverso,<br />
rappresentante; controverso perché il suo simbolismo è spesso coperto<br />
e mascherato da suggestioni diverse, ora superomistiche e belligeranti,<br />
ora vitalistiche e paniche, per lo più di marca nietzscheana. La vernice<br />
ideologica non deve però trarre in inganno: dietro ogni superuomo<br />
si cela infatti sempre, ad una lettura attenta, il vecchio fragile esteta<br />
del Piacere; sfogliando la margherita <strong>dei</strong> proclami eroici si ritrova<br />
l’ombra inquietante del nichilismo, del fallimento. Per questo i <strong>fiori</strong><br />
accompagnano l’intera avventura artistica del pescarese, dagli esordi<br />
di Primo Vere alle Laudi, alle prose della maturità e della vecchiaia,<br />
seppur con frequenza via via minore: essi sono l’immagine privilegiata<br />
della bellezza, del sogno – e quindi del superuomo, in particolare di<br />
quella sua prima e più autentica incarnazione che è l’esteta – e allo<br />
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