Stanchi dei fiori - Arte e Arti
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IPERuRAnIO - VOL. 1, n. 1<br />
decadentismo estetizzante <strong>dei</strong> romanzi precedenti, un atteggiamento<br />
volontaristico, totalizzante e carico di vitalità, che era già affiorato<br />
nelle poesie giovanili di Canto novo (1882): il posto delle languide<br />
rose, simbolo vivente dell’unione di Eros e Thanatos celebrata dai<br />
romantici e cantata, tra gli altri, da Leopardi, 19 è occupato così per lo<br />
più dalla ginestra, immagine di vita e di pienezza priva di connotati<br />
mortuari. Se la “Signora vestita di Nulla”, 20 come Gozzano amava<br />
chiamare la morte, stende la sua ombra su buona parte del romanzo,<br />
fino al tragico epilogo in cui il protagonista Giorgio Aurispa e la sua<br />
amata Ippolita Sanzio “precipita[no] nella morte avvinti”, 21 non<br />
mancano, scanditi dagli squilli luminosi delle ginestre, sprazzi di<br />
felicità e di tripudio panico nell’eremo affacciato sul mare di San Vito<br />
Chetino dove è ambientata la vicenda, e dove lo stesso d’Annunzio<br />
trascorse mesi indimenticabili con l’amante Barbara Leoni nel 1889.<br />
Lo strano connubio di superomismo e fascinazione mortuaria<br />
e decadente 22 caratterizza anche, se non di più, il successivo Le<br />
vergini delle rocce, in cui d’Annunzio dà libero sfogo alle sue fantasie<br />
simboliste in pagine di sontuoso lirismo che a tratti preannunciano<br />
la grande metafora proustiana delle “fanciulle in fiore”: l’incontro<br />
delle tre vergini Violante, Massimilia, e Anatolia con l’eroe Claudio<br />
Cantelmo si svolge infatti per lo più nel giardino della desolata villa<br />
Capace Montaga a Trigento, sotto l’occhio vigile e il profumo sensuale<br />
<strong>dei</strong> <strong>fiori</strong>, emblema di sensualità e di morte. Emblematico a proposito<br />
l’inizio del terzo libro, che esaspera in chiave decadente quanto già<br />
intravisto nel Piacere, col riapparire della rosa, che con le sue spine<br />
ferisce la candida mano di Violante:<br />
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