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pomeriggio mi resi conto di quanto normalmente siamo distratti nei<br />

confronti degli oggetti che ci circondano. Ma anche di quanto sia<br />

incredibilmente razionale il lavoro di progettazione “alla Castiglioni”.<br />

Nello studio sei tornato nel 2002, questa volta per girare un video…<br />

All’epoca Castiglioni stava già molto male e sua figlia Monica, che è una<br />

cara amica, mi chiese di fare delle riprese nello studio. L’idea era quella di<br />

girare un video di documentazione, anche perché non era ancora chiaro il<br />

destino del luogo. Poi mi fu proposto di riprendere i modellini dei vari<br />

allestimenti. Un lavoro che si è prolungato per un paio di anni, essendoci<br />

centinaia di modellini. Solo in un secondo momento sono tornato nello<br />

studio per i miei articoli, questa volta munito di macchina fotografica e<br />

taccuino. Lo studio di per sé, insieme al ricordo di chi ha condiviso con<br />

Castiglioni momenti di lavoro, primo fra tutti Cavaglià, sono stati<br />

fondamentali per capire il pensiero dell’architetto, la sua linea di<br />

progettazione rimasta invariata nel tempo. Castiglioni <strong>part</strong>iva sempre per<br />

rispondere ad un’esigenza della vita, intuendo addirittura quelle latenti e<br />

cercando, dopo lunghe ricerche, la soluzione il più possibile minimale.<br />

Per la mia ricerca sono stati altrettanto fondamentali i filmati, come quello<br />

realizzato dallo Studio Azzurro di una lezione al Politecnico di Milano nel<br />

1992, in cui l’architetto tira fuori vari tipi di forbici, analizzandone forma e<br />

funzione. Memorabile, addirittura esilarante, anche quello della<br />

conferenza tenuta ad Aspen (Colorado) nel 1989 con una giovane Paola<br />

Antonelli, oggi curator del di<strong>part</strong>imento di Architettura e Design del MoMa<br />

di New York, che non faceva in tempo a tradurre la valanga di parole<br />

dell’architetto intento ad insegnare l’essenza dell’oggetto utilizzandolo,<br />

indossandolo, attraverso suoni e gesti, davanti ad un pubblico<br />

letteralmente in delirio.<br />

Le lampade “Arco” o<br />

“Ipotenusa”, l’interruttore<br />

“Rompitratta”, il piatto<br />

“Bavero”… sono tutti oggetti<br />

dalle forme intramontabili.<br />

Sì, sono oggetti che non sono<br />

databili. Sembrano realizzati oggi,<br />

invece, spesso si tratta di progetti di<br />

quarant’anni fa. Lo stesso Castiglioni ha spiegato più volte il motivo di<br />

questa modernità, dovuta al fatto che alla base del progetto c’é sempre<br />

stata l’utilità. Il lato estetico non è mai stato anteposto a quello funzionale.<br />

Basti pensare al cucchiaio per la Kraft, progettato insieme al fratello Pier<br />

Giacomo come omaggio che la ditta dava ai consumatori della loro<br />

maionese. Il cucchiaio di plastica ha la sagoma dell’interno del barattolo,<br />

perché anche ogni piccolo residuo potesse essere raschiato via.<br />

Castiglioni ha fatto anche molti lavori, addirittura ready-made alla<br />

Duchamp. Utilizzava oggetti della vita quotidiana spostandoli in contesti<br />

completamente diversi. Uno degli esempi più famosi è lo sgabello<br />

“Mezzadro”, anche questo ideato nel ’54 insieme a Pier Giacomo, ma<br />

messo in commercio nel ’71. Altro non è che la seduta del trattore<br />

ricollocata in una dimensione domestica. con la sola aggiunta di due<br />

barre, una di ferro e l’altra di legno è diventato un oggetto casalingo di<br />

grande modernità.<br />

Immagini:<br />

1. Mezzadro – foto Yosuke Taki<br />

Sgabello “Mezzadro” ideato da Achille e Pier Giacomo Castiglioni nel ’54 e in commercio nel ’71<br />

Photo Yosuke Taki<br />

55<br />

art a aprt <strong>of</strong> <strong>cult</strong>(<strong>ure</strong>) | www.arta<strong>part</strong><strong>of</strong><strong>cult</strong><strong>ure</strong>.net

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