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CAROLA SPADONI: THE SUDDEN OUTPOST | DI LAURA<br />
CHERUBINI<br />
22 gennaio, 2009<br />
di arta<strong>part</strong><strong>of</strong><strong>cult</strong><strong>ure</strong> redazione<br />
inserito in appr<strong>of</strong>ondimenti, cinema<br />
445 lettori<br />
La riflessione sul cinema attraversa tutto il lavoro di Carola Spadoni. In<br />
una prima fase come filmmaker realizza video e film come Al confine tra il<br />
Missouri e la Garbatella (1997) e Giravolte (2001), con le installazioni Dio<br />
è morto (2003), Live Trough This (2006), Ossi d’eco (2007) si afferma<br />
un’idea di mise en espace del cinema. The Sudden Outpost, la mostra<br />
presentata nella galleria di Cesare Manzo a Roma, segna una nuova fase<br />
nel percorso di lavoro di Carola Spadoni. Attraverso banners, coperte e<br />
st<strong>of</strong>fe ricamate, assemblaggi, foto, light box, super 8 e video l’artista ci<br />
porta sulla pista di un percorso nella <strong>cult</strong>ura popolare italiana, americana<br />
e indiana. Si tratta di un unico grande assemblaggio narrativo, un lavoro<br />
basato sull’idea, tipicamente americana, di patchwork. Il riferimento è il<br />
contesto romano e newyorkese da cui proviene, i viaggi, le passioni<br />
<strong>cult</strong>urali e il vissuto. Le adiacenze e le contraddizioni che questo percorso<br />
apre.<br />
La carta da pacchi è da sfondo a questo avamposto improvviso dove i<br />
banners riprendono slogan, frasi emblematiche o banali, di recente<br />
memoria ed attuali, sempre dissacranti e pungenti. I veloci paesaggi<br />
americani delle light box sono stampe da fotogrammi Super 8<br />
Kodakrome, un tipo di pellicola che la Kodak non fabbrica più: come molti<br />
artisti oggi Spadoni sente il fascino di tecnologie obsolete, provenienti da<br />
un passato prossimo. Un mandala fatto di st<strong>of</strong>fe (seta, shantung, cotone,<br />
tulle) e stampe da foto è montato a parete (al MART di Rovereto per la<br />
mostra Eurasia la stessa formazione concentrica, più grande e dai colori<br />
variegati era posata a terra): alcune delle foto sono state scattate nella<br />
capitale del Rajasthan, Jajpur, e presentano immagini di strumenti per la<br />
misurazione del tempo altre sono state scattate nel deserto del Thar. Una<br />
delle strategie di lavoro di Carola Spadoni consiste nel rimettere in<br />
contesto <strong>part</strong>i di lavoro già fatto, ne sono esempio le foto tratte da Dio è<br />
morto, un anti-western con una silenziosa ed incessante protagonista<br />
femminile. Cosi’ come l’intreccio di materiali commerciali, conservati e<br />
trovati.<br />
Una chiave di lettura di questa ricca e complessa installazione<br />
multimediale è in Stay gold, foto scattata in Arizona che l’artista tiene con<br />
sé da quindici anni. Inquadra una sorta di backstage, il retro di un<br />
cartellone pubblicitario situato in un luogo marginale, un angolo periferico<br />
dallo squallido e fascinoso aspetto. Si tratta di uno dei tipici luoghi<br />
borderline scelti dall’artista, siti reali e mentali al tempo stesso. Stay gold<br />
è una frase idiomatica americana, un monito a non inaridirsi e a<br />
mantenere un’integrità, che si allarga dal singolare al plurale,<br />
dall’individuo alla collettività: “Resta così!”.<br />
Carola Spadoni è nata a Roma il 16 Febbraio 1969.<br />
Filmmaker ed artista visiva formatasi a New York dove ha vissuto negli<br />
anni novanta, ha scritto e diretto un lungometraggio, documentari, music<br />
videos e cortometraggi selezionati in film festival e rassegne<br />
internazionali, tra cui la 52a Berlinale, il Chicago Int’l FF, il Torino FF.<br />
Dagli anni duemila la ricerca nel linguaggio cinematografico l’ha portata a<br />
realizzare installazioni film e video esposti in gallerie e musei. Nel 2003 è<br />
tra i vincitori del Premio Giovane <strong>Art</strong>e Italiana, espone alla 50a Biennale<br />
59<br />
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