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come ragione di sopravvivenza. Poi le cose cambiarono con gli scontri tra<br />

le famiglie che si contendevano il mercato della droga. E tutto si ando’<br />

esasperando. Stava cambiando anche il “codice” della camorra sempre<br />

più spietata sempre più “azienda”. Basti pensare ad Annalisa, la ragazza<br />

che venne uccisa per sbaglio durante un regolamento di conti proprio a<br />

Forcella. Ai Giugliano , al loro impero, alla cocaina che travolse anche<br />

Maradona. La camorra degli anni ’70 era ancora quella di uomini e donne<br />

d’”onore”. Oggi assolda i ragazzini li equipaggia di motorini,<br />

rigorosamente senza casco per evitare che li scambino per killer, per fare<br />

i corrieri, i pali. “Mio figlio ora si puo’ sposare” mi racconto’ una persona<br />

“guadagna col “mezzo” e porta a casa 500 euro a settimana. Tanto era<br />

disoccupato”<br />

3.Napoli, ancor più del cronista che ci racconta l’evento, sembra<br />

essere la vera protagonista del tuo libro. Cosa è rimasto oggi della<br />

città di cui narri ?<br />

Al di là dei luoghi comuni è rimasto molto. Napoli è una città straordinaria<br />

nel bene e nel male. Quale quella città dove, se hai problemi a<br />

parcheggiare perché l’abusivo è andato a prendere un caffè, ti ritrovi un<br />

tizio che si improvvisa volontario per darti una mano? Anche il dialetto,<br />

che poi è una lingua, è ricco di una poesia meravigliosa. Ma ripeto è<br />

estrema nel bene e nel male. Cos’è rimasto della Napoli che racconto?<br />

La generosità e la “fetenzia”. E poi questa <strong>cult</strong>ura del favore, della<br />

clientela, che è nel dna della città. E’ una <strong>cult</strong>ura che resiste e resisterà<br />

perché Napoli non crede di avere dei diritti ma delle “cortesie”. E’ un<br />

circolo vizioso. Ho conosciuto la Napoli di tangentopoli che reagi’ da vera<br />

città plebea, pronta a sputare in faccia al potente che aveva riverito fino al<br />

giorno prima. La Napoli che di fronte al dramma dei rifiuti, che non è mai<br />

stato una novità, tranne manifestazioni spontanee, talvolta anche<br />

impulsive, in realtà non si è ribellata di fronte a chi aveva delle<br />

responsabilità. Napoli è una città combattente, capace di dare il massimo,<br />

quando deve cacciare lo straniero. Ma se il nemico è in casa non riesce<br />

ad essere aggressiva ad imporsi strategicamente. Al massimo, come<br />

spesso è accaduto ieri e oggi, sputa in faccia al potente sconfitto. Napoli,<br />

secondo me, a <strong>part</strong>e la letteratura più classica, è ben emblematizzata in<br />

due opere: don Raffaé di De André, e “Cosi’ parlo’ Bellavista”<br />

Ma Napoli è, come è sempre stata, una grande madre. E non mi<br />

dicessero che è razzista. Puo’ esserlo nei discorsi di fantapolitica da bar.<br />

Ma alla fine il piatto di minestra ci scappa anche per il senegalese<br />

clandestino.<br />

4.Tutti i personaggi di questa storia, compresi gli scheletri, hanno<br />

una personalità unica ed originale; ognuno è una storia nella storia.<br />

Da quali ricordi e da quale immaginario provengono?<br />

Dal mio amore per la città. Un amore antico, anche perché io sono<br />

romana. Ci sono personaggi che ho conosciuto nella mia infanzia. O che<br />

mi sono stati raccontati da mia madre, figlia di un napoletano e in più<br />

attrice di teatro, e il teatro ha sempre avuto un grande riconoscimento a<br />

Napoli. Poi facendo la giornalista di soggetti interessanti ne ho incontrati<br />

tanti. Ma sai non è una questione di pr<strong>of</strong>essione, ma del saper cogliere<br />

l’occasione che il grande palcoscenico della città ti <strong>of</strong>fre. Di comari<br />

“Schiattamuorti” o di portiere come Maria ce ne sono un’infinità. Basta<br />

fermarsi, osservare, chiacchierare.<br />

5.La tua scrittura sembra scaturire spontanea dal cuore della città:<br />

qual è il legame fra te e questa Napoli “miracolosa”?<br />

92<br />

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