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l-ultimo-rifugio-di-riina

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era ovvio supporre: dopo l'arresto <strong>di</strong> Riina soltanto i membridella famiglia Sansone, domiciliata in quell'immobile, e glioperatori e<strong>di</strong>li or<strong>di</strong>nari, avrebbero frequentato la villa, mentrei latitanti come Bagarella e Brusca, come qualsiasi altro pregiu<strong>di</strong>cato,si sarebbero guardati bene dall' avvicinarsi ad essa,mantenendo contatti soltanto attraverso interme<strong>di</strong>ari incensuratie molto attenti a non essere sorvegliati.Come infatti si leggerà nella sentenza, Giovanni Brusca“mandò a chiamare Giovanni Sansone, genero <strong>di</strong> SalvatoreCancemi e cugino <strong>di</strong> quei fratelli Sansone che avevano curatosino ad allora la latitanza del Riina, per incaricarlo <strong>di</strong> mettereal riparo la Bagarella con i figli e far sparire tutte le traccericonducibili al boss; a tal fine lo incontrò nei pressi del carcere“Pagliarelli” <strong>di</strong> Palermo e gli or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> tenere i contatti, daquel momento in avanti, con Antonino Gioè, il quale a suavolta avrebbe contattato Gioacchino La Barbera, che eraallora incensurato e dunque si poteva muovere per lacittà senza eccessivi rischi.Il Brusca ha spiegato che l’incarico fu dato al Sansone perchéera l’unica persona che potesse recarsi, senza destaresospetto nelle forze dell’or<strong>di</strong>ne, al complesso <strong>di</strong> via Bernini,in quanto vi abitavano quei suoi familiari, per cui, anchese fosse stato fermato, avrebbe senz’altro potuto giustificare lasua presenza sui luoghi.190

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