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Parche del destino<br />
Nel cortometraggio Tracce di un possibile domani, che definisce e conclude la Trilogia della valigetta, l’uomo dialoga con<br />
se stesso, confrontandosi con alcuni valori essenziali della vita. Nell’ottica dell’opera qui presentata, la solitudine, l’amore<br />
e l’odio, i sensi, la religiosità, la speranza e la certezza, diventano vere e proprie problematiche esistenziali che Sergio<br />
Figuccia propone attraverso le scene che si susseguono con ritmo alterno - lente e riflessive alcune volte, concitate altre.<br />
Lo spettatore, all’inizio, si concentra sull’aspetto misterico di Amin - il sottomesso - che in preda ad un momento di sentito<br />
raccoglimento in preghiera, chiede di essere illuminato sull’azione che dovrà svolgere. Chiede, dicevo, non esegue,<br />
perché probabilmente la sua fede vacilla già prima dell’evento catartico dell’autobus. La frame successiva è proprio l’incontro<br />
sull’autobus con la donna e la bambina, simbolo di una maternità tutta cristiana, che turba e depista il povero<br />
Amin, inaspettatamente emozionato davanti una scena semplice e chiara: la vita nel suo perpetuarsi. E’ qui che avviene<br />
l’illuminazione, scenicamente evidenziata proprio da un raggio di luce che entra prepotentemente dentro il mezzo pubblico<br />
infuocando, per un attimo, il viso di Amin. E’ solo un istante, sufficiente per giustificare un cambiamento di pensiero e<br />
d’azione. Poi di nuovo un ritmo serrato tra Amin e Abdul - il principe - e la scena finale, sentimentale, di Amin che, abbracciato<br />
a suo figlio, tre anni dopo, guarda anche lui il futuro come la donna con la bambina del passato. Una frame<br />
lascerei fuori, quella di Amin – adesso umano - che riapre la valigetta – a conclusione della vicenda – e trancia il filo rosso<br />
del detonatore, stavolta non per uccidere, ma per rendere la vita, in antitesi con le tre famose parche – Cloto, Lachesi<br />
e Atropo che, nel mito, tagliano invece il filo vitale, recidendolo per sempre.<br />
Tracce di un possibile domani apre le porte ad un futuro di speranza a cui Figuccia crede fermamente. L’uomo non può<br />
essere spettatore passivo degli eventi, né succube del volere degli altri. La sua libertà (e quella di Amin, in particolare)<br />
passa attraverso la dignità e l’amore per gli altri. Il regista, attraverso i suoi personaggi, si confronta con i valori essenziali<br />
della vita – l’esistenza, la spiritualità, la felicità, il bene e il male…ponendo domande e non pretendendo risposte. E’<br />
lecito leggere l’intera opera nell’ottica di una problematica posta ma non risolta, intuita ma non dimostrata. Una situazione<br />
esistenziale complessa che include la vasta sfera etica e spirituale, le etnie, le ideologie e le mortificazioni concettuali.<br />
Figuccia, all’interno del dato sociale (ancor più che artistico) traccia la linea di un domani migliore, in cui l’uomo, stupido<br />
o intelligente, buono o cattivo, bianco o nero, di qualsiasi religione, si confronta con se stesso, interrogandosi sull’esistenza<br />
e sul perché delle cose. Un film sì fatto è un gioco sulla vita. L’uomo immerso in una solitudine senza tempo, con<br />
il silenzio, alla fine, risolve e lenisce le azioni impulsive, diventa egli stesso medium comunicativo, attore e spettatore di<br />
una scena simbolica, che filtra l’anima e lo spirito più che gli interessi e la politica. Il cortometraggio esprime, in sostanza,<br />
il disagio del mondo che non riesce a svincolarsi dagli orpelli dell’odio ma che nel contempo semina amore e speranza in<br />
un possibile domani…<br />
Fabrizio Costanzo / Tracce di un possibile domani – Cine Ariston. Palermo, marzo 2010